mercoledì 3 ottobre 2012

20 Whisper street- ep. 12


La mattina dopo, alle cinque, afferrai le stampelle che mi avevano procurato in tutta fretta e andai in cucina. Avevo passato la notte insonne per il dolore. Il giorno prima, avevo raccontato a Will la verità. Ero inciampata. Ma non gli dissi dove. Mi aveva dovuto togliere i punti, che si erano aperti a causa del movimento del muscolo nella caduta, e metterne dei nuovi. Stringevo convulsamente i braccioli della sedia su cui mi avevano messa mentre lo faceva. Non dovevo più posare il piede a terra, o avrei rischiato di aprirli di nuovo, e se fosse successo potevo dire addio alla marcia per un mese e stare quindi immobile a letto tutto quel tempo. Per fortuna, la madre di Pearl mi aveva procurato quelle stampelle.
Prima di andare in cucina, frugai nella borsa che era ancora ai piedi del letto e presi la boccetta con i petali di papavero. Helena aveva detto che si faceva una tisana, allora si dormiva. Ecco, ne avevo proprio bisogno. Mi accorsi però che nella borsa c'era anche qualcos'altro, che non avevo messo io. Lo tirai fuori. Era un libro. Sembrava piuttosto vecchio. Lessi il titolo.
“Fantasmi degli Stati Uniti d'America.”
Bello. Ma chi ce lo aveva messo?
Buttai il libro sul letto, presi le stampelle e scesi in cucina. Avevo passato la notte a pensare a quella lapide al cimitero. Ma i miei pensieri erano regolarmente interrotti da una fitta di dolore. La mia carne era straziata, mi sembrava che urlasse.
Presi un tazza e ci versai dell'acqua, che riscaldai al microonde. Poi, ci misi dentro tutti i petali della boccetta. Aspettando i dieci minuti, mi resi conto che quel giorno i miei sarebbero tornati dal loro viaggio d'affari in Europa. Almeno, Jane se ne sarebbe andata. Poi, però, pensai che i miei mi avrebbero vista arrivare da loro in stampelle, con il polpaccio sinistro fasciato e l'avambraccio destro completamente scorticato. Immaginai la reazione di mia madre. Oddio. Incavolata, scuoteva la testa, e i capelli pieni di lacca non si muovevano di un millimetro. Sarebbe stato tremendo.
Dopo dieci minuti, con un colino, tolsi i petali e li buttai. Poi, cominciai a bere. Faceva un po' schifo, ma se così riuscivo a dormire, era il giusto prezzo da pagare.
Quando ebbi finito, misi la tazza nel lavandino, la riempii d'acqua e salii di nuovo in camera mia. Mi misi a letto, aspettando che il sonno venisse. Pensai che, magari, leggendo sarebbe arrivato più facilmente. Presi il libro che stava sul fondo del letto e lo aprii a caso. Era una pagina con un segnalibro, sul quale c'era un pentacolo e una specie di preghiera. Ok, il libro lo aveva messo nella mia borsa la madre di Chris, mentre ero in camera sua.
Era il capitolo 27. Il titolo era 'Lo straniero'. Cominciai a leggere.

“Tra i vari casi di apparizioni di figure spettrali che ho affrontato, una delle più singolari è forse questa.
“Si racconta che, alla fine dell'estate del 1860, in un piccolo villaggio apparve una grande carrozza che trasportava un giovane di diciassette anni. Diceva di essere figlio di un grande della nuova industria tessile, che veniva in America per fare ancor più fortuna che in Europa. I suoi genitori lo avevano mandato prima di loro in quel nuovo paese perchè erano stati trattenuti all'ultimo da importanti affari, e lo avrebbero raggiunto di lì a pochi giorni. Aveva con se alcune casse, e, si dice, uno splendido quadro che lo rappresentava.
Ovviamente, l'arrivo di questo straniero non fu ben vista in quel villaggio isolato. Le madri proibivano ai loro figli di parlargli, e gli uomini lo ignoravano. Il ragazzo continuava ad aspettare i suoi genitori, che non arrivavano. Cominciava a non avere più provviste, ma nessuno si accorse che soffriva la fame. E fu così che, un giorno di inizio settembre, meno di dieci giorni dopo il suo arrivo, il ragazzo fu trovato riverso in mezzo alla strada, morto. Cercando nei pochi documenti che aveva con se, trovarono il suo nome e lo seppellirono nel loro cimitero, che allora era molto recente.
Cinquant'anni dopo...”

Ero a davanti a davanti al numero 20. Nathaniel era davanti a me, pallido ed emaciato, serio.
“Tu sei un fantasma!” dissi indicandolo.
Lui assunse l'aria arrabbiata e terribile che aveva quando gli avevo parlato di telefoni. Si voltò, e corse via, svoltando l'angolo. Io lo seguii, ma era sparito.
Tornai a casa, perché il numero 20 era come la mia casa. Quando entrai, vidi che la porta del bagno, in fondo al corridoio, era aperta. Si vedeva la vasca...e all'interno c'era Nathaniel. In piedi, messo come in croce, con la carnagione verde e il viso trasfigurato dall'odio, e dalla morte. Era un mostro. E mi fissava, con quel suo sguardo duro e terribile...

Mi svegliai urlando. Oddio. Oddio!!! Avevo dormito!
Ripresi il libro.
“Cinquant'anni dopo, nel 1910, una ragazzina molto pia di nome Mary Sullivan disse di aver visto un bellissimo ragazzo per la strada, e di avergli parlato. Ma nessun altro lo vide. Dopo un po' tutti la diedero per pazza, e i genitori la rinchiusero nel manicomio, dove la poverina morì otto anni dopo. Grazie a tutta una serie di avventurosi eventi, il diario teneva la giovane Mary Sullivan è arrivato tra le mie mani, e qui ne pubblico alcuni passi.
'26 Agosto 1910
Caro diario,
oggi Dio mi ha finalmente mandato un amico. È un ragazzo che è appena venuto ad abitare nella casa accanto alla mia. La sua bellezza angelica dimostra l'esistenza del Nostro Signore. Abbiamo parlato un po', e io ho detto alla mamma che avevamo un nuovo vicino. Ma lei ha detto che non aveva visto nessuno, e che la casa accanto alla mia è disabitata da anni, e che ci sono i fantasmi.

28 Agosto 1910
Caro diario,
oggi N. mi ha detto che tra poco i suoi verranno ad abitare qui, con lui. Così potrò presentarli alla mamma, e lei vedrà che lui c'è davvero.

1 Settembre 1910
Caro diario,
oggi N. mi è sembrato molto provato. Sembrava che avesse fame. Io gli ho chiesto che cosa avesse, ma lui mi ha ignorato ed è tornato a casa. Che strano.

3 Settembre 1910
Caro diario, ho così tanta paura!
Oggi ho visto N. scomparire davanti a me. Era davvero pallido e magro, come se non mangiasse da giorni. E poi...è scomparso nell'aria. Ho paura! Devo dirlo alla mamma.'

"Mary Sullivan non sapeva che, dicendolo a sua madre, avrebbe rovinato la sua vita. In ogni caso, il bel giovane che vide era senza dubbio un fantasma, forse il fantasma del figlio dell'industriale. A proposito di quest'ultimo, ho trovato un documento molto interessante che potrebbe darci un indizio sulla sua identità.
"Nel 1860, l'industriale Nicholas Hashworth, che già in alcune colonie inglesi aveva fatto fortuna grazie alle piantagioni di cotone, decise di trasferirsi in America, e mandò il figlio prima di lui. Si sa che la nave che trasportava Hashworth non arrivò mai, perché essa affondò nell'oceano Atlantico dopo una tempesta, uccidendo tutti i suoi passeggeri.
"Concludiamo dicendo che ironicamente, Hashworth doveva trasferirsi in un posto chiamato Ghostly Village.”

Chiusi il libro di scatto. Oddio, oddio!
Guardai alla finestra. Era sera. Ma quanto avevo dormito? Guardai l'orologio. Erano le otto. Presi le stampelle, corsi fuori dalla mia camera. Feci il più velocemente possibile le scale. In cucina, c'erano Violet, Rose e Jane.
“Ti sei svegliata! Mamma e papa arriveranno a momenti...”
Mi fiondai fuori. Tentavo di correre nonostante le stampelle, ma era difficile. Oddio.
Arrivai sul marciapiede davanti a casa mia. E lì, lo vidi.
In fondo, proprio nel mezzo della strada, c'era una figura alta e magra, luminosa.
Avanzai, sempre con le stampelle e mi parai davanti a lui. Eravamo vicinissimi.
“Nathaniel Hashworth” mormorai.
Era pallido. Magro. Come se non avesse mangiato da giorni. Anzi, era livido. I lunghissimi capelli biondi erano come mossi da una brezza che in realtà non c'era. Per la prima volta, mi accorsi che intravvedevo la strada dall'altra parte di lui. Tutto era freddo, intorno a noi. E poi, lo feci. Non so perché, la mia mano si alzò di scatto lasciando cadere una stampella, e tentai di toccargli il petto. E la mano lo attraversò da parte a parte, come se non ci fosse niente davanti a me, solo aria. Aria ancora più gelida di quella che mi circondava, ghiacciata, tanto che la pelle cominciò a farmi male.
Oddio!!! Oddio!!
Nathaniel era un...
Il mio urlo squarciò l'intera strada. E lui sorrise, e scomparve, come se non fosse mai esistito.
Sentii la portiera di una macchina che si apriva dietro di me. Risate di bambini felici. Oddio! Oddio! Oddio!
Lasciai cadere l'altra stampella, e cominciai a correre nella direzione da dove venivano i rumori. E, mentre mi buttavo tra le braccia di quella persona che profumava di lacca, i punti cedettero. Urlai ancora, ma questa volta alla paura si mescolava il dolore, mentre il sangue viscoso cominciava di nuovo a colare.
“Lily...ma cos'è successo?”
Oddio!!
“Mamma...Nathaniel è un FANTASMA!”   


4 commenti:

  1. Wow xD troppo bello!!!
    Ma finisce cosi?

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  2. Ma perchè finisce? Mi piaceva troppo aspettare di leggere cosa sarebbe successo...che peccato!. Però sono sicura che presto avrai qualche altra cosa da proporci. Per questo racconto brava, sei sempre riuscita a tenere alto l'interesse e la tensione e hai avuto buona fantasia.
    Ciao Korè, a presto,un abbraccio.
    Antonella

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    1. Eeeeh...lo so, è un finale molto aperto. Chissà che un giorno non mi venga in mente un seguito....
      Un abbraccio!!

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