lunedì 24 febbraio 2014

Confidentiel

Je voulais simplement te dire                                               
Que ton visage et ton sourire                                               
Resteront près de moi sur mon chemin                                 

Te dire que c'était pour de vrai                                              
Tout ce qu'on s'est dit, tout ce qu'on a fait                     
Que c'était pas pour de faux, que c'était bien.
Faut surtout jamais regretter
Même si çà fait mal, c'est gagné
Tous ces moments, tous ces mêmes matins
Je vais pas te dire que faut pas pleurer
Y'a vraiment pas de quoi s'en priver
Et tout ce qu'on a pas loupé, le valait bien
Peut-être on se retrouvera
Peut-être que peut-être pas
Mais sache qu'ici bas, je suis là
Tu resteras comme une lumière
Qui me tiendra chaud dans mes hivers
Un petit feu de toi qui s'éteint pas.




Volevo semplicemente dirti
Che il tuo viso e il tuo sorriso
Resteranno vicino a me sul mio cammino
Dirti che era per davvero
Tutto quello che ci siamo detti, tutto quello che abbiamo fatto
Che non era falso, che era bello.
Non bisogna soprattutto mai rimpiangere 
Anche se fa male, si ha vinto
Tutti quei momenti, quelle stesse mattine
Non ti dirò: "Non bisogna piangere"
Non c'è proprio nulla per cui non privarsene 
E tutto quello che non abbiamo perso lo valeva davvero
Forse ci ritroveremo
Forse si, forse no
Ma sappi che qui, ci sono io
Resterai come una luce
Che mi terrà caldo nei miei inverni
Un piccolo fuoco di te che non si spegne.

venerdì 21 febbraio 2014

Sono ancora confusa, lo devo ammettere. Però, una o due cose le so. Che, ieri sera, durante quella ora e mezza in cui non eravamo più insieme, c'è stato un momento in cui ho pensato che avevo appena fatto il più grosso errore della mia vita. E che, dal parrucchiere, quando ho visto quella persona che ogni volta che ci vai ti fa gli occhi dolci e ti dice di tornare quando vuoi e ho pensato che chissà, magari ora sareste usciti insieme, per la prima volta ho provato gelosia, io che gelosa non sono mai.
Mi sembra ancora tutto complicato, ma, come dire, c'è uno strano conforto, nel sapere che ancora stiamo insieme. Dobbiamo ricominciare tutto da capo, è vero, ma stavolta in modo serio, diverso. Non so come si faccia, ma stavolta ci voglio provare. E se non va...beh...non lo so. Non so nulla. Soltanto che, se ho pensato quella cosa e ho sentito quella gelosia, credo voglia dire qualcosa.

giovedì 20 febbraio 2014

Ko è stanca. Sta studiando tanto, e l'unica cosa che vorrebbe è riposarsi. Ko non è stanca solo di questo, ma di tante cose. E' stanca di tornare a casa e non sentirsi a casa, di non dire nulla perché tutto sarà criticata. Ko è stanca di sentirsi dare della bambina, e non vede l'ora di andarsene. Ko è triste, perché l'Erasmus non lo farà. Non ce la fa, ha perso la voglia e l'entusiasmo per tutto. Ko ne ha abbastanza che le si impedisca di fare ciò che vuole fare perché si sente morta dentro. Ko ne ha anche abbastanza che la persona con cui sta venga chiamata 'coso' da più di un anno e venga spesso insultata. Ko è preoccupata per una sua amica che su facebook scrive di sperare che ci sia qualcosa dopo la morte perché così suo figlio almeno è in cielo.

Ci sono momenti in cui Ko pensa di scoppiare. Di non farcela più. Con una certa persona non va bene, Ko non sa più cosa prova. Ieri c'è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso e Ko si sente ancora più persa. La certa persona, poi, fa delle cose per punirsi, e allora anche Ko le fa, non sa neanche lei perché, però ora il suo avambraccio sinistro brucia. Ko si sente ridicola in questo momento, con una cuffia rossa in testa a coprirle i capelli scempiati.

KO NON CE LA FA PIU'!

venerdì 7 febbraio 2014

A quelle madri

Questo post lo scrivo per quelle madri che dicono che il corpo delle donne è delle donne, che sono loro che decidono cosa farci. Quello che dicono è giustissimo. E' sbagliato che poi decidano loro quello che le loro figlie possono fare con il proprio corpo, e quindi causano soltanto sofferenza. E' sbagliato quando costringono le loro figlie ad abortire il bambino che avevano deciso di tenere. 
Io sono per l'aborto, e come loro penso che noi donne dobbiamo avere la possibilità di decidere, quando ci troviamo con una gravidanza indesiderata, se avere o no un figlio. Però non penso che la cosa debba andare a senso unico. Non penso che "Oh, no, sono incinta, abortisco." Penso che debba essere una decisione presa in modo libero, e che deve essere rispettata. Anche se la ragazza è minorenne, sua madre deve rispettarla nelle sue decisioni. Non è una bambina di dieci anni, è una donna ormai, e ha deciso di prendersi le sue responsabilità, anche se magari il ragazzo l'ha mollata. Non so come esprimervi la rabbia e la tristezza che sto provando in questo momento. Quello che vi ho scritto sta accadendo in questo momento a una mia amica, e quando ci penso e mi metto al suo posto mi sento come in uno di quegli incubi in cui sai che ti uccideranno ma non puoi fare nulla. Mi sento arrabbiata per tante cose, ultimamente. Tra le quali che qualche mese ho avuto paura di essere incinta (poi per fortuna non lo ero), avevo preso una decisione simile a quella della mia amica, e quando sono stata sicura di non esserlo è l'ho detto a mia madre sono stata insultata in un modo che qua preferisco non dire. Cavolo, sto solo facendo l'amore con il mio ragazzo, mica sto andando con chiunque. Faccio di tutto per non rimanerlo, ma se rimango incinta, quella vita che porto dentro di me voglio decidere io se tenerla oppure no. L'aborto forzato da quelle madri che dicono che il corpo delle donne è delle donne è un controsenso a quello che dicono. 

mercoledì 5 febbraio 2014

Un anno...

Un anno fa, la mia amica A. mi trovò alla fermata dell’autobus un po’ prima del solito, intenta ad ascoltare per la quinta o sesta volta di seguito ‘Love is forever’ dei Muse, e con il cellulare in mano, a rispondere a quell’sms che mi era arrivato quella mattina. Subito mi chiese: “Allora com’è andata???” E io ancora con l’aria sognante, le raccontai.

Il giorno primo eravamo andati al cinema a vedere Frankenwinnie di Tim Burton. Per la verità il film all’inizio doveva essere Lincoln, poi però avevo visto che c’era Frankenwinnie e dato che a lui piaceva Tim Burton avevo cambiato programma. Ripensandoci a posteriori ho fatto benissimo, perché Lincoln è un film verboso e piuttosto noiosetto. Frankenwinnie, invece, tutt’altro. Nella sala c’erano poche persone, una decina al massimo. Il film era proseguito tranquillo, finché ad un certo punto appariva un pesce rosso morto. Guarda caso la settimana prima era morto Alpha, il mio pesciolino, e così io avevo detto: “Oooh il mio pesce!” Lui allora aveva detto: “Oh, no!” e mi aveva preso la mano. Eravamo rimasti per tutto il film così, mano nella mano. Di tanto in tanto il pollice di lui me ne accarezzava il dorso. Mi sentivo emozionata, come se sentissi che qualcosa stava per accadere. Elettrica. Poi, il film era finito. E, sui titoli di coda, era cominciata questa canzone:


“Love...Love is strange...”
A quel punto io avevo appoggiato la testa contro la sua spalla...lui si era girato e mia aveva baciato la fronte...io gli avevo baciato il collo...lui la mia guancia...e poi, d’un tratto lui aveva chiesto: “Che c’è?”, io avevo pensato ‘Ma cosa diamine sto facendo??’, e in quel momento la luce si era riaccesa nel cinema, illuminando le nostra facce vicinissime ed arrossate. Ci eravamo messi a ridere. Ridere di gusto, come due pazzi, fregandocene di quel che poteva pensare la gente lì accanto. Raramente ho riso come quella volta. Eravamo usciti dal cinema e poi lui aveva preso l’autobus con me per accompagnarmi lì dove mi aspettava mio padre. Dentro l’autobus, ci tenevamo per mano, ci accarezzavamo i dorsi delle mani e le nostre teste erano appoggiate le une alle altre. L’atmosfera era elettrica, una di quelle situazioni che vivi attimo per attimo, in cui non esiste passato o futuro, ma solo presente. Avevo le farfalle nello stomaco. Eppure, nessuno si decideva a fare il passo successivo, ma ci accontentavamo di quello. Quella sera ero tornata a casa con l’impressione di camminare su una nuvola e per poco non avevo dormito. Per la verità, ebbi per una settimana intera il senso della fame e del sonno sballati.

Tutto questo lo raccontai ad A. sull’autobus, e intanto rispondevo agli sms che mi arrivavano. A. era tutta contenta, ma io ancora non ero sicura, insomma, non c’eravamo baciati, chi me lo diceva che davvero anche io piacevo a lui? A scuola, lui era in ritardo come al solito. Lo aspettai nel corridoio. Poi, ci dissero che la prof. di italiano si era assentata all’ultimo momento. Mai ho amato tanto quella donna. Sgusciai al pian terreno e aspettai che lui uscisse dalla presidenza, dove si era fatto ammettere. Ci salutammo. Ci appoggiammo al muro, tenendoci di nuovo per mano, e chiacchierammo del film. Però di nuovo c’era quell’atmosfera elettrica, quella sensazione che qualcosa di imminente stesse per accadere. Peccato che proprio in quel momento tante persone della mia classe stessero uscendo in cortile a fumare. Tutti ci fissavano con un sorrisetto per noi imbarazzante. Allora io dissi: “Ti va se andiamo nel corridoio della biblioteca? Lì ci sarà meno gente.” Ci andammo. Ci sedemmo sulle sedie rosse e sgangherate di quel corridoio, il più squallido della scuola e magari anche della città. Almeno lì non c’era nessuno. Eravamo esattamente come la sera prima, seduti, mano nella mano. Chiacchierammo ancora del film. Guardai l’ora al cellulare. Erano le 9:01. Timidamente, dissi: “Beh, a me mi è piaciuto anche il resto...” Silenzio. Come la sera prima, lui mi baciò sulla fronte...poi io lo bacia sul collo...e poi...beh...

Dieci minuti esatti dopo, salimmo le scale che portavano al corridoio delle nostre aule. Incrociammo il mio compagno di classe psicopatico, che ci sorrise in modo inquietante. Arrivammo davanti alla sua porta, che era chiusa, ovviamente. Ci salutammo. Prima che lui entrasse lo abbracciai e, per la prima volta nella mia vita, gli dissi: “F. ti amo.” Lui rispose: “Anche io” e poi entrò in classe. La professoressa gli disse: “Complimenti per il ritardo”, ma lui pensò ‘Il miglior ritardo della mia vita’. Io entrai nella mia classe dove regnava il caos totale, dove ciò che mi fu detto appena fui vista fu: “Ko, ma stai bene? Sei...rossa!” Mi guardai la pelle che usciva dallo scollo del maglione e notai che ero letteralmente rossa dalla punta dei piedi alla radice dei capelli. A. disse che avrebbe sparso fiori di ciliegio sul nostro passaggio, mia zia che sembrava una scena del Tempo delle Mele e mia sorella che finalmente, era ora!

Tutto questo un anno fa, esattamente. Che strano. Mi sembra che sia passato così velocemente...
         


lunedì 3 febbraio 2014

"Amareggiato? Forse l'avremmo trattata nello stesso modo se fosse venuto lei da noi."


David Bowie, "The man who fell to earth"