Je voulais simplement te dire Que ton visage et ton sourire Resteront près de moi sur mon chemin Te dire que c'était pour de vrai Tout ce qu'on s'est dit, tout ce qu'on a fait Que c'était pas pour de faux, que c'était bien. Faut surtout jamais regretter Même si çà fait mal, c'est gagné Tous ces moments, tous ces mêmes matins Je vais pas te dire que faut pas pleurer Y'a vraiment pas de quoi s'en priver Et tout ce qu'on a pas loupé, le valait bien Peut-être on se retrouvera Peut-être que peut-être pas Mais sache qu'ici bas, je suis là Tu resteras comme une lumière Qui me tiendra chaud dans mes hivers Un petit feu de toi qui s'éteint pas.
Volevo semplicemente dirti Che il tuo viso e il tuo sorriso Resteranno vicino a me sul mio cammino Dirti che era per davvero Tutto quello che ci siamo detti, tutto quello che abbiamo fatto Che non era falso, che era bello. Non bisogna soprattutto mai rimpiangere Anche se fa male, si ha vinto Tutti quei momenti, quelle stesse mattine Non ti dirò: "Non bisogna piangere" Non c'è proprio nulla per cui non privarsene E tutto quello che non abbiamo perso lo valeva davvero Forse ci ritroveremo Forse si, forse no Ma sappi che qui, ci sono io Resterai come una luce Che mi terrà caldo nei miei inverni Un piccolo fuoco di te che non si spegne.
venerdì 21 febbraio 2014
Sono ancora confusa, lo devo ammettere. Però, una o due cose le so. Che, ieri sera, durante quella ora e mezza in cui non eravamo più insieme, c'è stato un momento in cui ho pensato che avevo appena fatto il più grosso errore della mia vita. E che, dal parrucchiere, quando ho visto quella persona che ogni volta che ci vai ti fa gli occhi dolci e ti dice di tornare quando vuoi e ho pensato che chissà, magari ora sareste usciti insieme, per la prima volta ho provato gelosia, io che gelosa non sono mai.
Mi sembra ancora tutto complicato, ma, come dire, c'è uno strano conforto, nel sapere che ancora stiamo insieme. Dobbiamo ricominciare tutto da capo, è vero, ma stavolta in modo serio, diverso. Non so come si faccia, ma stavolta ci voglio provare. E se non va...beh...non lo so. Non so nulla. Soltanto che, se ho pensato quella cosa e ho sentito quella gelosia, credo voglia dire qualcosa.
giovedì 20 febbraio 2014
Ko è stanca. Sta studiando tanto, e l'unica cosa che vorrebbe è riposarsi. Ko non è stanca solo di questo, ma di tante cose. E' stanca di tornare a casa e non sentirsi a casa, di non dire nulla perché tutto sarà criticata. Ko è stanca di sentirsi dare della bambina, e non vede l'ora di andarsene. Ko è triste, perché l'Erasmus non lo farà. Non ce la fa, ha perso la voglia e l'entusiasmo per tutto. Ko ne ha abbastanza che le si impedisca di fare ciò che vuole fare perché si sente morta dentro. Ko ne ha anche abbastanza che la persona con cui sta venga chiamata 'coso' da più di un anno e venga spesso insultata. Ko è preoccupata per una sua amica che su facebook scrive di sperare che ci sia qualcosa dopo la morte perché così suo figlio almeno è in cielo.
Ci sono momenti in cui Ko pensa di scoppiare. Di non farcela più. Con una certa persona non va bene, Ko non sa più cosa prova. Ieri c'è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso e Ko si sente ancora più persa. La certa persona, poi, fa delle cose per punirsi, e allora anche Ko le fa, non sa neanche lei perché, però ora il suo avambraccio sinistro brucia. Ko si sente ridicola in questo momento, con una cuffia rossa in testa a coprirle i capelli scempiati.
Questo post lo scrivo per quelle madri che dicono che il corpo delle donne è delle donne, che sono loro che decidono cosa farci. Quello che dicono è giustissimo. E' sbagliato che poi decidano loro quello che le loro figlie possono fare con il proprio corpo, e quindi causano soltanto sofferenza. E' sbagliato quando costringono le loro figlie ad abortire il bambino che avevano deciso di tenere.
Io sono per l'aborto, e come loro penso che noi donne dobbiamo avere la possibilità di decidere, quando ci troviamo con una gravidanza indesiderata, se avere o no un figlio. Però non penso che la cosa debba andare a senso unico. Non penso che "Oh, no, sono incinta, abortisco." Penso che debba essere una decisione presa in modo libero, e che deve essere rispettata. Anche se la ragazza è minorenne, sua madre deve rispettarla nelle sue decisioni. Non è una bambina di dieci anni, è una donna ormai, e ha deciso di prendersi le sue responsabilità, anche se magari il ragazzo l'ha mollata. Non so come esprimervi la rabbia e la tristezza che sto provando in questo momento. Quello che vi ho scritto sta accadendo in questo momento a una mia amica, e quando ci penso e mi metto al suo posto mi sento come in uno di quegli incubi in cui sai che ti uccideranno ma non puoi fare nulla. Mi sento arrabbiata per tante cose, ultimamente. Tra le quali che qualche mese ho avuto paura di essere incinta (poi per fortuna non lo ero), avevo preso una decisione simile a quella della mia amica, e quando sono stata sicura di non esserlo è l'ho detto a mia madre sono stata insultata in un modo che qua preferisco non dire. Cavolo, sto solo facendo l'amore con il mio ragazzo, mica sto andando con chiunque. Faccio di tutto per non rimanerlo, ma se rimango incinta, quella vita che porto dentro di me voglio decidere io se tenerla oppure no. L'aborto forzato da quelle madri che dicono che il corpo delle donne è delle donne è un controsenso a quello che dicono.
Un
anno fa, la mia amica A. mi trovò alla fermata dell’autobus un po’ prima del
solito, intenta ad ascoltare per la quinta o sesta volta di seguito ‘Love is
forever’ dei Muse, e con il cellulare in mano, a rispondere a quell’sms che mi
era arrivato quella mattina. Subito mi chiese: “Allora com’è andata???” E io
ancora con l’aria sognante, le raccontai.
Il
giorno primo eravamo andati al cinema a vedere Frankenwinnie di Tim Burton. Per
la verità il film all’inizio doveva essere Lincoln, poi però avevo visto che
c’era Frankenwinnie e dato che a lui piaceva Tim Burton avevo cambiato
programma. Ripensandoci a posteriori ho fatto benissimo, perché Lincoln è un
film verboso e piuttosto noiosetto. Frankenwinnie, invece, tutt’altro. Nella
sala c’erano poche persone, una decina al massimo. Il film era proseguito
tranquillo, finché ad un certo punto appariva un pesce rosso morto. Guarda caso
la settimana prima era morto Alpha, il mio pesciolino, e così io avevo detto: “Oooh
il mio pesce!” Lui allora aveva detto: “Oh, no!” e mi aveva preso la mano.
Eravamo rimasti per tutto il film così, mano nella mano. Di tanto in tanto il
pollice di lui me ne accarezzava il dorso. Mi sentivo emozionata, come se
sentissi che qualcosa stava per accadere. Elettrica. Poi, il film era finito.
E, sui titoli di coda, era cominciata questa canzone:
“Love...Love
is strange...”
A
quel punto io avevo appoggiato la testa contro la sua spalla...lui si era
girato e mia aveva baciato la fronte...io gli avevo baciato il collo...lui la
mia guancia...e poi, d’un tratto lui aveva chiesto: “Che c’è?”, io avevo
pensato ‘Ma cosa diamine sto facendo??’, e in quel momento la luce si era
riaccesa nel cinema, illuminando le nostra facce vicinissime ed arrossate. Ci
eravamo messi a ridere. Ridere di gusto, come due pazzi, fregandocene di quel
che poteva pensare la gente lì accanto. Raramente ho riso come quella volta.
Eravamo usciti dal cinema e poi lui aveva preso l’autobus con me per
accompagnarmi lì dove mi aspettava mio padre. Dentro l’autobus, ci tenevamo per
mano, ci accarezzavamo i dorsi delle mani e le nostre teste erano appoggiate le
une alle altre. L’atmosfera era elettrica, una di quelle situazioni che vivi
attimo per attimo, in cui non esiste passato o futuro, ma solo presente. Avevo
le farfalle nello stomaco. Eppure, nessuno si decideva a fare il passo
successivo, ma ci accontentavamo di quello. Quella sera ero tornata a casa con
l’impressione di camminare su una nuvola e per poco non avevo dormito. Per la
verità, ebbi per una settimana intera il senso della fame e del sonno sballati.
Tutto
questo lo raccontai ad A. sull’autobus, e intanto rispondevo agli sms che mi
arrivavano. A. era tutta contenta, ma io ancora non ero sicura, insomma, non
c’eravamo baciati, chi me lo diceva che davvero anche io piacevo a lui? A
scuola, lui era in ritardo come al solito. Lo aspettai nel corridoio. Poi, ci
dissero che la prof. di italiano si era assentata all’ultimo momento. Mai ho
amato tanto quella donna. Sgusciai al pian terreno e aspettai che lui uscisse
dalla presidenza, dove si era fatto ammettere. Ci salutammo. Ci appoggiammo al
muro, tenendoci di nuovo per mano, e chiacchierammo del film. Però di nuovo
c’era quell’atmosfera elettrica, quella sensazione che qualcosa di imminente
stesse per accadere. Peccato che proprio in quel momento tante persone della
mia classe stessero uscendo in cortile a fumare. Tutti ci fissavano con un
sorrisetto per noi imbarazzante. Allora io dissi: “Ti va se andiamo nel
corridoio della biblioteca? Lì ci sarà meno gente.” Ci andammo. Ci sedemmo
sulle sedie rosse e sgangherate di quel corridoio, il più squallido della
scuola e magari anche della città. Almeno lì non c’era nessuno. Eravamo
esattamente come la sera prima, seduti, mano nella mano. Chiacchierammo ancora
del film. Guardai l’ora al cellulare. Erano le 9:01. Timidamente, dissi: “Beh,
a me mi è piaciuto anche il resto...” Silenzio. Come la sera prima, lui mi baciò
sulla fronte...poi io lo bacia sul collo...e poi...beh...
Dieci
minuti esatti dopo, salimmo le scale che portavano al corridoio delle nostre
aule. Incrociammo il mio compagno di classe psicopatico, che ci sorrise in modo
inquietante. Arrivammo davanti alla sua porta, che era chiusa, ovviamente. Ci
salutammo. Prima che lui entrasse lo abbracciai e, per la prima volta nella mia
vita, gli dissi: “F. ti amo.” Lui rispose: “Anche io” e poi entrò in classe. La
professoressa gli disse: “Complimenti per il ritardo”, ma lui pensò ‘Il miglior
ritardo della mia vita’. Io entrai nella mia classe dove regnava il caos
totale, dove ciò che mi fu detto appena fui vista fu: “Ko, ma stai bene?
Sei...rossa!” Mi guardai la pelle che usciva dallo scollo del maglione e notai
che ero letteralmente rossa dalla punta dei piedi alla radice dei capelli. A.
disse che avrebbe sparso fiori di ciliegio sul nostro passaggio, mia zia che
sembrava una scena del Tempo delle Mele e mia sorella che finalmente, era ora!
Tutto
questo un anno fa, esattamente. Che strano. Mi sembra che sia passato così
velocemente...
lunedì 3 febbraio 2014
"Amareggiato? Forse l'avremmo trattata nello stesso modo se fosse venuto lei da noi."