lunedì 27 agosto 2012

20 Whisper street-ep.7


Il pomeriggio successivo, uscii fuori. C'era un tempo...strano. Tutto era fermo, irreale. Non si sentiva un rumore, anche gli uccelli avevano smesso di cantare. Tutto attorno c'era nebbia, la luce era fredda. Guardai l'orologio. Erano le tre e mezza del pomeriggio. L'albicocco era una spettrale figura che mi ricordava alcuni disegni che avevo visto in un libro di favole per bambini con streghe e orchi. E poi, di nuovo quella sensazione...quel presentimento che stesse per succedere qualcosa di veramente terribile. L'aria stessa ne era impregnata.
Guardai il numero 20. Era buio e silenzioso, come al solito. Con quella luce, e quell'atmosfera, sembrava ancora di più la dimora degli spettri. Chissà se Nathaniel era in casa...Violet e Rose stavano dormendo, mi sarei allontanata al massimo una decina di minuti...
Uscii dal vialetto e andai verso la casa, davanti alla quale mi fermai. Dopo quasi una settimana, non avevano sistemato niente. Le tegole andate via, alcuni vetri erano rotti...forse Nathaniel aspettava che arrivassero i suoi?
Quando arrivai alla porta, mi resi conto che non mi ero mai avvicinata così tanto a quella casa. D'un tratto, tutte le dicerie su quel luogo mi tornarono in mente, tutte insieme. Che era disabitata da due secoli...che i proprietari erano morti in modo strano...che i loro spiriti erano ancora in quella casa...ma no, che cavolo! Ora in quella casa c'era Nathaniel, e nessuno si era accorto di lui solo perché era timido e preferiva uscire di notte. Almeno, era ciò che io avevo ipotizzato.
Alla fine, bussai alla porta lignea. Si aprì all'istante, da sola, cigolando. Sbirciai dentro. Tutto buio. Sembrava che fosse vuota.
C'è nessuno?” chiesi comunque.
Non una voce.
Nathaniel, sei qui?”
Ancora nessuna risposta.
Quella casa mi attirava. La porta era aperta, no? Magari, Nathaniel c'era ma non mi aveva sentito. Entrai, e la porta cigolò ancora. Appena la mollai, si richiuse di scatto.
'Oh, cazzo' pensai velocemente. Mi sentivo come in trappola. Non volevo ammetterlo, ma avevo paura. Non dovevo avere paura!!! Non era una casa di fantasmi, quelle erano tutte scemenze!
Ma quel buio denso e palpabile, quel silenzio...mi vennero i brividi.
Attorno a me, c'era un salotto. Quando i miei occhi si abituarono a quell'oscurità, vidi strati di polvere su mobili vecchi e mezzo rotti. Sembrava che in quella casa non ci fosse entrato nessuno da tantissimi decenni. Eppure lì c'era Nathaniel. L'avevo visto entrare. Lui abitava lì.
Nathaniel!!” chiamai. Ma, ancora una volta, nessuno mi rispose.
Avanzai urtando oggetti non identificabili. Era davvero grande, quel salotto. Individuai un tappeto e un divano, completamente muffiti e tarmati. Le assi di legno del pavimento scricchiolavano. D'un tratto, vidi una scala. Forse Nathaniel era al piano di sopra e non mi aveva sentito per questo. Salii le scale. Scricchiolavano ancor più del pavimento. La sensazione che stesse per succedere qualcosa cresceva sempre più nel mio petto, non stavo bene, avevo paura.
Quando arrivai, trovai alla mia sinistra un corridoio sul quale si affacciavano tre porte. Alla mia destra, tre grandi finestre. Davano sul giardino. Visto da lì su, sembrava ancora più incolto.
Osservai le tre porte. Moltissimi anni prima, dovevano essere state bellissime. Me le immaginai di legno chiaro, magari intonate a quello che doveva essere stato il colore del corrimano della scala. Ma ora erano marce, e in quell'atmosfera grigia e spettrale sembrava che le stanze dietro a quelle porte racchiudessero chissà quali orrori...no, pensai di nuovo, decisa. Certo, quella casa sembrava disabitata, con tutta quella polvere e quella desolazione. Certo che i genitori di Nathaniel dovevano essere davvero ricchi, se volevano ristrutturare una catapecchia del genere. Non gli avevo mai chiesto che lavoro facevano.
Salii sul pianerottolo. La porta che più mi attirava era quella centrale. Andai lì. Bussai piano, temendo di sfondare il legno. Nessuna risposta. Magari lui non c'era. Ma la porta, d'un tratto, si aprì cigolando. Oltre, c'era una stanza abbastanza grande, ma ancora più oscura rispetto al resto della casa. I vetri della finestra se non rotti, erano coperti di ragnatele. Entrai e mi guardai intorno. C'era un vecchio letto, molto grande, a baldacchino. Le cortine dovevano essere state bellissime, di tessuto pregiato. Ora, erano muffite. Di fronte al letto, c'era un grande armadio di legno. Avanzai, quasi a tentoni. D'un tratto, la mia mano si posò su qualcosa di duro. Guardai in basso. Era una grande cassa. E, vicino, ce n'era un altra. Erano di legno massiccio e scuro, e mi ricordavano quelle che, un tempo, erano usate per traslocare.
'Ecco la conferma che il camion era vero e non un'allucinazione' pensai. Ma allora...perché le casse erano coperte da uno spesso strato di polvere come se fossero state messe lì molto tempo prima e non da pochi giorni?
Le mie dita toccarono, sotto la polvere, quella che sembrava carta. L'afferrai. Con un soffio, sollevai la polvere che c'era sopra. Nell'oscurità, riuscii a distinguere una figura umana...una foto? La carta sembrava molto fragile. Sollevai la testa e guardai oltre la finestra. Si vedeva la mia casa. Quello era il lato del numero 20 che dava sulla mia casa! E fissavo proprio la finestra della mia camera! Ma allora...quella testa che avevo visto la settimana prima...
Oddio! Era stato in quella stanza! D'un tratto, ebbi paura, ma una paura molto più forte rispetto a quella che avevo provato prima. Mi si attorcigliavano le viscere. E quando una folata di vento gelido invase la stanza, facendomi tremare, urlai e mi girai per correre. La temperatura nella camera era scesa in pochi secondi. Le assi delle scale scricchiolavano sinistramente sotto i miei piedi e io avevo il cuore che batteva a mille, e pensavo che da un momento all'altro sarebbero arrivati i fantasmi a rapirmi, ad uccidermi, a farmi diventare una di loro. Un gradino della scala non resse il mio peso e si ruppe, esalando odore di marcio. Gridai ancora più forte, mentre il mio piede affondava. Lo tolsi dal buco e saltai sul pavimento del piano di sotto. Oddio, oddio!
Andai alla porta e la spinsi. Non si aprì. Presi la maniglia, ma non riuscii comunque ad uscire. E intanto il gelo si faceva sempre più penetrante nelle mie ossa...
Fammi uscire!” gridai disperata, e diedi un calcio alla porta, che finalmente si aprì. Balzai fuori e corsi in mezzo alla strada. Non mi accorsi nemmeno dello stridio vicino a me. Solo qualcosa che mi urtava, il dolore alla gamba e poi al braccio quando caddi. E poi, più niente.

E ancora.

Di nuovo. Di nuovo ho visto Pettinengo allontanarsi, come ogni anno da cinque anni. Il cuore era pesante, e sono scoppiata a piangere. Non mi era mai successo prima, alle altre partenze. Forse ormai sono in saturazione di addii al Piemonte. Non dirò che è l'ultimo, come l'anno scorso. Pura scaramanzia. Sono arrabbiata e disperata. Certo ho forza, vincerò il mio incontro di boxe, anche se durerà nove lunghi mesi senza contare il round finale per il maledetto pezzo di carta. Mi sembra di aver volato per due settimane e mezzo leggera e libera, di essermi nutrita di luce e di sole. E ora mi sto risotterrando con le mie stesse mani, la terra già mi stinge e m'impedisce di respirare. Ne ho abbastanza. Basta!

La mia estate non finisce, comunque. Da  giovedì 30 agosto fino al 3 settembre sono in Sicilia a conoscere i miei parenti. Andrò in un villaggio di circa 400 abitanti. Mia madre si preoccupa per il caldo. Io invece spero di capire quello che mi si dirà...già capire il personale della Tirrenia è dura...
Il mio entusiasmo è morto, non lo nego.
Dato che non penso di avere la possibilità di collegarmi prima di giovedì, vi posto oggi l'episodio sette di 20 Whisper street. Domani i miei salgono Sassari, ma io preferisco rimanere a casa e cominciare a studiare Kant. Lo so, sono ancora le vacanze, ma voglio uscire da quella scuola. E credo che il mio obiettivo passi anche per finire l'estate studiando filosofia e magari anche ripassando latino e greco. 

Buona lettura e a presto.    

Nelle terre estreme

Qualche giorno fa, dopo aver divorato Io e te di Niccolò Ammaniti, ho cominciato a leggere Nelle Terre Estreme di Jon Krakauer. L'ho finito tornando in Sardegna, in nave, con un senso di amaro in bocca.
Nelle Terre Estreme racconta la storia vera di Chris McCandless, un giovane che tagliò i ponti con la famiglia per partire in viaggio dove voleva e vivere della natura. Viaggiò negli Stati uniti, in Messico, e poi decise di andare in Alaska, dove nel 1992 venne ritrovato morto di fame in un autobus usato di solito dai cacciatori. A questa storia s'ispira anche uno dei miei film preferiti, Into the Wild di Sean Penn.
Io ammiro Chris McCandless, in arte Alexander Supertramp. Moltissimi lo hanno definito stupido, perchè credeva di poter come vincere sulla natura. Per me non è così. Chris McCandless era si un idealista, ma era anche lucido. Semplicemente, ha avuto il coraggio di mollare tutto e fare veramente tutto quello che voleva. Si, era un testardo a cui quando si regalavano abiti caldi per la sua 'odissea in Alaska' non li accettava, si, era repubblicano, ma quel gesto che a volte vorrei tanto fare e non faccio perchè mi serve un pezzo carta lui lo ha fatto. Era un ragazzo molto umano. Conosceva bene le piante, e alla fine è morto solo per due errori minimi. In ogni persona che ha incontrato ha lasciato un segno indelebile. E ha visto veramente il mondo.
Non ho potuto fare a meno di ripensare alle sensazioni che provavo mentre mia sorella mi scattava questa foto...

Foto di Tirid Patin

A piedi nudi su una roccia a più di 1800 metri, circondata da piante dure e resistenti a temperature freddissime, osservando un lago dalle acque color della rugiada, dopo una camminata durante la quale dovevo far attenzione a dove mettevo i piedi per non cadere nel vuoto.
Una volta non mi ricordo quale professore ha detto, durante una lezione "La natura non è umana. La natura non perdona."
Ho pensato spesso a questa frase, leggendo Nelle Terre Estreme.

sabato 25 agosto 2012

Una simpatica intervista

Ciao a tutti!! Sheryl del blog Vola Solo Chi Osa Farlo ha estratto il mio nome per un'intervista!! Eccola qui:

Ciao Koré!!! Il tuo blog è molto particolare, mi piace molto!! Ma dimmi, come mai hai deciso di aprire un blog?

Inanzitutto grazie per i complimenti, Sheryl! Ho scoperto l'universo dei blog qualche anno fa, cercando informazioni su Licia Troisi. Per un po' ho seguito il suo blog. Era un'idea che mi piaceva. Poi, un giorno, ne ho parlato con una mia amica che mi ha detto di avere un blog e mi ha consigliato di aprirlo con blogger...ed è così che quasi due anni fa è nato Where is my mind?

Ultimamente stai postando nel tuo blog un racconto scritto da te: 20 Whisper street. Come ti è venuta l'ispirazione per questo libro?

Due anni fa in un pascolo vicino a casa mia c'erano alcuni cavalli. Mi piaceva tantissimo andare lì e dargli da mangiare, accarezzarli. Siccome faceva un caldo tremendo, ci andavo la sera tardi, quasi al crepuscolo, e tornavo a casa quando ormai era notte. Per andare al pascolo si passa davanti ad una casa abbandonata e semidstrutta molto strana...infatti c'è una stanza completamente murata. Quella casa mi ha da sempre affascinata e al tempo stesso spaventata, non so perchè. Quando ci passavo di notte ero ancora più a disagio, avevo l'impressione che qualcuno mi osservasse. Lo so che sembra ridicolo... Comunque, una notte tornando a casa ho pensato: "E se un giorno passando vedessi un ragazzo che aspetta qualcosa?" Questo è stato l'inizio. In seguito ho sognato che il fantasma di mia sorella (tra l'altro ancora viva e in ottimo salute...) veniva a casa mia. Anche quel sogno mi ha fatto pensare alla storia che volevo scrivere ma per la quale non avevo un progetto ben preciso. L'ultimo tassello del puzzle mi è venuto grazie alle mie fantastiche nipotine, che sono nella storia Violet e Rose. La più grande si era fissata col baseball. E io dovevo passare ore e ore a lanciare una palla. Erano gli inizi di settembre, c'erano un po' di nuvole, e d'un tratto ho pensato "Chissà come sarebbe la luce se da quel pezzettino di cielo uscisse un raggio di sole?" Ed ecco qui che la storia mi è venuta, finalmente!!! XD
Inoltre altre fonti di ispirazione sono state le atmosfere del film Donnie Darko e l'album degli Evascence Fallen. Per l'aspetto fisico di Nathaniel invece ho pensato a Aidan, uno dei protagonisti del manga Daimones:


Infine, un'ultima domanda. Ho visto che hai messo sul blog delle foto di Parigi. Ma qual'è la tua città preferita in assoluto?

Mmm....che domanda difficile!!! In assoluto sto bene in Piemonte, al villaggio di mia sorella. Ma come città mi è piaciuta tantissimo Plymouth, in Inghilterra, dove ho fatto uno stage di lingua per cinque fantastiche settimane. Parigi mi è piaciuta, ma mi è sembrata troppo affollata...

Grazie ancora, Sheryl!!!! :D




mercoledì 22 agosto 2012

20 Whisper street - ep.6


Il giorno dopo, mi svegliai sul pavimento in canottiera e mutande. A volte mi piaceva dormire sul duro. E poi, eravamo in estate. Il freddo si era dileguato durante la notte, e mi ero vestita così.  La prima cosa che vidi, fu lo spazio vuoto tra il mio letto e il pavimento. Rimasi ad osservarlo fino a quando non fui completamente sveglia. Non mi ricordavo che ci fossero così tante cose, sotto al mio letto. Un rossetto nero, un giocattolo di Rose che avevo rotto senza accorgermene e nascosto lì, due lattine di coca cola e alcuni pacchi di caramelle. Riserve alimentari per le notti che passavo insonne. Mi capitava ancora, dopotutto. E poi, in un angolo, c'era un oggetto che non riuscivo ad identificare. Mi allungai sotto il letto e lo afferrai. Oh. Era la scatola delle mie medicine. Quelle che ufficialmente ingurgitavo tutti i giorni ma che in realtà mi rifiutavo di prendere da più di due mesi. Cosa aveva detto il dottore? Ah, si.
“Sono per il tuo bene. Ti aiuteranno.”
Ma vai al diavolo! Se c'era una cosa che mi aveva rovinato la vita, era proprio quella di prendere quelle medicine. A parte ovviamente il motivo che me le aveva fatte prendere.
Gettai con rabbia la scatola dove era stata prima. Anche solo pensarci mi faceva infuriare.
Però, mentre mi alzavo a sedere con la schiena contro il comodino, mi assalì un pensiero. Forse non dormivo bene da quasi una settimana perché non prendevo quelle pastiglie? Che so, magari quell'effetto che mi facevano si stava affievolendo...e quelle cose che vedevo e poi sparivano erano davvero allucinazioni, come diceva mia sorella.
Scossi la testa. No.
Mi alzai. Era ancora presto. Appena le otto del mattino. Mi avvicinai al mio grande specchio.
Oddio, ero orribile. Sembravo davvero un fantasma. Ero pallida, e sotto ai miei occhi c'erano due aloni bluastri. Occhiaie. Occhiaie in piena estate, quando di solito gli studenti dormono. Che schifo.
E d'un tratto...fu come se l'immagine nello specchio oscillasse. Sfiorai la superficie fredda. Si, oscillava. Andava avanti e indietro, e sembrava che il mio io speculare sorridesse. Ma io non sorridevo. Era come una tranche, e guardavo affascinata. Avanti, indietro, avanti, indietro. La ragazza nello specchio cominciò a ridere.
Qualcuno bussò alla mia porta. La risata si spense. E mi accorsi che ero io, non l'immagine nello specchio, a ridere. La porta si aprì. Violet entrò nella stanza. Aveva gli occhi ancora gonfi di sonno e i capelli disordinati.
“Ciao. Ho fame. Mi prepari i cereali?”
Rimasi un attimo a fissarla. Dopo mezzo secondo, mi accorsi di essere ridicola. Ero in canottiera e mutande, in piedi davanti ad uno specchio che stavo accarezzando. E avevo appena visto il mio riflesso muoversi, sorridere e ridere. Ma...non ero stata io?
Mi riscossi.
'Lasciamo perdere.'
“Ok, arrivo.”
Presi i primi jeans che vidi e me li infilai. Mentre scendevamo in cucina, Violet chiese:
“Perché stavi ridendo, prima?”
Oh no!
“Perché...stavo pensando ad una barzelletta.”
'Scema' pensai. Violet non disse più niente.
Poco dopo si svegliò anche Rose, e la giornata cominciò a trascorrere come al solito. Grida assordanti, lotte e sgridate. Non vedevo proprio l'ora che mamma e papà tornassero. Normalmente, quel giorno dovevano chiamarmi.
Strapazzai così tanto Violet e Rose che nel pomeriggio crollarono. Accesi quindi il computer e cominciai a guardare un film horror in streaming. Era il remake di un originale degli anni ottanta, e mi accorsi che non gli arrivava neanche alla caviglia. Non faceva paura. Si, ok, c'era sangue ma...ero più spaventata per quello che mi stava accadendo in quei giorni che per quel film!
Quando arrivò il blocco dei 72 minuti, non continuai nemmeno. Che spreco di tempo.
Il resto della giornata passò così. Quella sera, le mie sorelline mi costrinsero a giocare a carte, e non potei neanche uscire a vedere se c'era Nathaniel.

lunedì 20 agosto 2012



Questa canzone è il sottofondo che consiglio per il primo incontro tra Nathaniel e Lily in 20 Whisper street. E' tratta da Donnie Darko, un film che personalmente adoro e che è stato capace di farmi passare una notte insonne per capirlo. Credo di esserci riuscita, anche se alcuni non sono d'accordo con la mia teoria.
In ogni caso 20 Whisper street deve moltissimo a Donnie Darko, quando lo scrivevo volevo dargli quell'atmosfera di mistero e inquietudine che si respira per tutto il film.

Ho aggiornato il post Dans Paris con le foto. Spero vi piacciano.

Ora vi saluto. Domani se riesco a scrivere sarà una cosa ben diversa e collegata al libro che sto leggendo da ieri, Nelle Terre Estreme di Jon Krakauer, da cui è stato tratto uno dei miei due film preferiti, Into The Wild, e che s'ispira a sua volta alla vicenda di Cristopher McCandless. A presto, un abbraccio!! :*

sabato 18 agosto 2012

Al lago della Vecchia

Ciao a tutti!
Oggi ho fatto una bellissima gita con mia sorella e una sua amica. Siamo state al lago della Vecchia, un bel laghetto in cima ad una montagna.
Siamo partite da Piedicavallo, un bellissimo paesino di meno di 200 abitanti. Non molto addormentate, tutto sommato, non vedevamo l'ora di cominciare. Mia sorella Tirid, che è fotografa ed è l'autrice della foto del mio secondo banner, ha cominciato a fare scatti a raffica. Io mi sono accontentata della mia piccola macchinina, la sua è davvero troppo complicata per le mie mani di ricotta!! All'inizio del percorso, ci facciamo una foto tutte e tre. "Dai, via!" E...cento metri dopo eravamo già sedute su una pietra col fiatone a mangiare cioccolato. Quattro anziani ci superano...ok...magari cominciamo a fare le escursioniste serie...
Abiamo visto le baite di Rosei, tutte di pietra e legno, magnifiche. Anche se da quel che ho capito sono così isolate che d'inverno portano la spesa alle persone in aereo. Ma chi se ne importa! Ho trovato la mia casa dei sogni! Ed è anche in vendita! XD Ho anche scoperto le buonissime more del bosco. Ci sono anche a casa mia in Sardegna, ma sono mollicce e dolci. A me invece piacciono un po' dure e acidule, infatti di solito mangio quelle non ancora ben mature. Ma quelle more lì erano mature e come piacciono a me!! Buooone!!
Poi, poco a poco, il bosco è finito. Alla nostra destra c'era il torrente Cervo. Siamo salite sempre più su, e siamo arrivate alla montagna vera e propria. Qualche anno fa sono stata al lago del Mucrone, e pensavo che tutti i percorsi escursionistici fossero come quello. Ehm....mi sbagliavo. Stavolta è stata molto molto più dura! Tutta colpa delle numerose sassaie, che a volte sinceramente facevano paura!! Se cadevo facevo un bel salto di...non voglia pensarci. In quei punti guardavo sempre dove mettevo i piedi, chiedendomi se quella pietra si sarebbe mossa oppure no. Ma tutto era compensato dal paesaggio straordinario. Adoro i paesaggi di montagna, e per una volta era bello vederlo dal vero e non in tv. Mi piace il colore dell'erica, la consitenza dell'erba, il verde scintillante del muschio. Guardo su e vedo il rifugio, e poi lo spiazzo con il lago. Ce la devo fare, nonostante il caldo pazzesco che mi cuoce la testa e l'aria che a momenti mi manca. Suono mentalmente Survival dei Muse ''Life is a race but I'm gonna win", e poi Society e Guaranted di Eddie Vedder, la colonna sonora di Into The Wild ci sta così bene qui... Quattro ore dopo l'inizio, arrivata davanti al rifugio della Vecchia, dopo sassaie e salite ripidissime, crollo. Mi mancava il respiro, avevo la testa che schiattava dal caldo. Ma ce l'ho fatta, mi sono rialzata e mi sono rinfrescata alla fonte. Niente di meglio dell'acqua pura di montagna...
E a questo punto arriva la parte più piacevole. Infatti, dopo dieci minuti arriviamo al lago della Vecchia! Si chiama così per un'antica leggenda medievale: si racconta che una giovane si innamorò di un cavaliere, e nei pressi del lago si organizzarono le nozze. Ma la giovane venne a sapere che il bel cavaliere era stato ucciso. Allora decise di rimanere per sempre in quel posto, accompagnata da un orso fedele. Non voglio fare la cattiva, ma sinceramente credo che tutti, dai servi agli invitati, si sarebbero ammazzati a salire fino a lì sopra...
C'è una bella roccia su cui è incisa la leggenda e la vecchia con il suo orso, commissionata dal senatore Federico Rosazza, che ha fatto tantissime cose in Valle Cervo. Il lago è uno spettacolo. Erica, erba, pini...e tutto questo tra rocce appuntite e altissime, al confine con la Valle D'Aosta. Abbiamo pranzato, poi ho dormito per un'ora. (A quel punto mi sono ustionata le braccia). E al mio risveglio ho bagnato i piedi nelle acque gelide del lago e ho osservato i girini con il sorriso di una bambina piccola. Adoro i girini, e lì c'erano tutti gli stati di evoluzione, alcuni dovevano solo perdere la coda per diventare belle ranocchiette verdi. Una volta ho provato ad allevare girini, ma mi sono tutti morti. :'(
La discesa è andata invece molto meglio, anche se mi sono ustionata la nuca e il petto (risultato: abbronzatura da muratore).
A parte gli scherzi, oggi ho soprattutto scoperto quanta forza di volontà ci vuole per fare escursioni del genere. Ti ritrovi davanti ad ostacoli contro i quali non puoi fare niente, massi che ballano, l'aria che si fa sempre più rarefatta, strapiombi e salite ripide. La terribile e magnifica opera della natura e della nostra Terra. E nonostante i piedi che fanno male, il fiatone, i muscoli delle gambe che cominciano a tremare per lo sforzo, vai sempre avanti, che si tratti di salire o di scendere. Hai un obiettivo, una meta, e lo vuoi raggiungere ad ogni costo. Anche se sarebbe più semplice abbandonare. Ma se hai la volontà, continui, sempre. 


venerdì 17 agosto 2012

20 Whisper street - ep.5

Il giorno dopo, fui svegliata dall'abbaiare di un cane alle sette. Scocciata, mi alzai, aprii la finestra e urlai: “Vuoi stare zitto!”
Il cane la smise e mi guardò. Era nero, il pelo medio e duro era irto. Stava davanti al numero 20, contro il quale stava abbaiando poco prima. Mentre ci osservavamo a vicenda, ebbi una strana sensazione. Era come se quel cane fosse...strano. Come se...tra me e lui ci fosse un vetro invisibile. Si voltò di nuovo verso la casa. Chiusi gli occhi e li riaprii, incapace chissà per quale ragione di guardarlo ancora. E il cane era sparito. Non ce n'era più nessuna traccia.
'Oggesù!' pensai. Per la terza volta in meno di una settimana, qualcosa che avevo viso era scomparso improvvisamente. Non era normale. O non ero normale io? Basta. La dovevo smettere!
Dato che non riuscivo più ad addormentarmi, accesi il computer e passai il tempo a navigare su internet. Scaricai tre canzoni degli Iron Maiden che non avevo. Alle dieci sentii Violet e Rose che si svegliavano nella loro stanza. Spensi il computer e scesi in cucina a preparare la colazione. Le bambine tardavano ad arrivare. Alle dieci e mezzo, il campanello squillò. Erano Chris e Pearl.
“Salve, compagna di casini!” mi salutarono strizzandomi l'occhio.
“Ciao.” Stavo ripensando a quel cane nero.
“Qualcosa non va?” mi chiese Pearl preoccupata.
“No, tutto bene” mentii.
Proprio in quel momento, le mie sorelline scesero in cucina. Erano ancora in pigiama.
“Passato una buona nottata?” chiesi loro in tono ironico mentre gli mettevo davanti un panino al burro di arachidi.
“Ho male agli occhi!” si lamentò Violet.
“Certo, certo...”
“È vero!”
Chris osservava la scena, incuriosita. Quando le bambine ebbero finito di fare colazione ed andarono a lavarsi la faccia, mi fermò.
“Quanta passiflora le hai messo ieri?”
“Cinquanta gocce. Perché?”
“Perché se assunta i dose massiccia la passiflora può provocare dei disturbi alla vista per qualche ora. Insomma, ti sei condannata da sola a rimanere in casa per una mattinata intera.”
“Oh...beh...capita.” 
Dovevo stare calma per non sbattermi la testa contro il muro per punizione. Ma che mi era saltato in mente, il giorno prima? Volevo starmene tranquilla. Ecco tutto. E adesso ne pagavo le conseguenze.
“Dai, passa abbastanza in fretta...” tentò di rassicurarmi Chris. “Magari chiediamo ai nostri se oggi possiamo rimanere con te...che te pare, Pearl?”
“Si, perché no!”
Chiamarono i loro genitori, che però dissero loro che non potevano restare a pranzo. Normale. Con la reputazione che avevo, era normale che allontanassero le loro figlie da me per quanto fosse loro possibile.
Violet e Rose continuarono a lamentarsi per tutta la mattinata di avere male agli occhi e capogiro. Per non averle troppo tra i piedi, dissi loro che la medicina era andare a letto, al buio, e rimanere con gli occhi chiusi per tre ore. Loro obbedirono, anche se Violet continuò a fare la lamentosa tutto il tempo.
“Sapete, c'è un tipo che abita al numero 20” dissi alle mie amiche mentre stavamo fumando in cucina. 
“Davvero?? E da quanto?”
“Da ieri. L'ho incontrato mentre tornavo qui dopo la festa di Ticknor. È un ragazzo stranissimo, deve avere la nostra età. I suoi verranno tra poco.”
“Vuoi dire che questo tipo è venuto ad abitare nella sua nuova casa in piena notte? Non è un po' strano?” chiese Chris.
“Si...non so.” Ora che ripensavo al mio incontro della notte precedente con Nathaniel, tutto mi sembrava come un sogno o una visione. Non ero più sicura se quello che stavo dicendo era vero o no.
“Lasciate perdere...”
Pearl e Chris se ne andarono, e io rimasi sola con Violet e Rose. Le dissi che ora erano guarite, e infatti non avevano più disturbi agli occhi, per fortuna. Passai il resto del pomeriggio a giocare con loro, e solo dopo cena riuscii ad avere un momento per me, quando misi 'Mamma mia' per l'ennesima volta. Già prima del film detestavo gli Abba, ora che Violet e Rose lo adoravano e lo volevano guardare ogni tre giorni quegli svedesi vestiti quasi come Lady Gaga erano per me insopportabili. Andai in camera mia e in risposta agli Abba ascoltai un disco di Rob Zombie. Quando ne ebbi abbastanza di starmene sdraiata a letto, mi alzai e andai a sedermi alla scrivania. Che fare? Quella sera mi stavo annoiando da morire. Alla fine, tanto per tenere almeno le mani occupate, presi dal doppiofondo segreto del cassetto della scrivania (lo avevo costruito io stessa con le istruzioni che avevo trovato su Internet) presi dunque l'occorrente per rollarmi una sigaretta: tabacco, cartina e filtro. Lo utilizzavo solo nei casi in cui proprio non sapevo che fare. Ci misi più o meno dieci minuti, non avevo molto la mano per quel genere di cose. Quando l'accesi, aprii la finestra per far uscire il fumo. La notte era calma. La luna illuminava Whisper street, spettrale come al solito. D'un tratto, individuai un altro punto di luce. Oh! Nathaniel. Stava nel suo giardino, in piedi, e guardava la strada, come se aspettasse qualcuno. E io...sentii una strana sensazione. Era come se una forza misteriosa volesse spingermi a raggiungerlo. E io mi lasciai trascinare da quella forza, quasi senza accorgermene. Presi il giubbotto e me lo infilai uscendo di casa. Le bambine erano così impegnate a vedere l'addio al celibato di Amanda Seyfried che non si accorsero neanche che ero uscita.
Ciò che più mi sorprese appena mi trovai fuori, fu il freddo. Era come la notte prima. Nathaniel era ancora lì, immobile.
Uscii dal giardino e andai davanti a casa sua. Non mi aveva vista, aveva il viso girato verso sinistra, come se aspettasse qualcosa.
“Ciao” dissi.
Lui si voltò lentamente verso di me. Appena mi vide, si riscosse.
“Buona sera” e si girò di nuovo verso sinistra.
Rimasi lì impalata, ad osservarlo. Che strano ragazzo. Che cosa aspettava, a quell'ora della notte? E poi... ora che stavo di nuovo vicino a lui c'era uno strano sentimento che si stava facendo strada in me, come se dovessi scappare. Ma al tempo stesso un'altra voce mi diceva di rimanere accanto a Nathaniel, di parlargli. E io ascoltai quella voce.
“Cosa stai aspettando?” chiesi. Non mi era venuto in mente nient'altro.
Nathaniel si rigirò verso di me.
“I miei genitori. Sarebbero dovuti arrivare oggi. Eppure, non ci sono.”
“Saranno in ritardo. E poi, non puoi chiamarli al telefono?”
Non appena udì le mie parole, la faccia di Nathaniel si contrasse. Il suo incarnato, già molto pallido, diventò verdastro e i suoi lineamenti diventarono una maschera di rabbia. Diventò orribile, sembrava il diavolo in persona.
Ebbi paura, scappai. Ma dopo qualche passo di corsa mi fermai e mi girai. Nathaniel non era più davanti a casa sua.
Com'era venuta, la paura se ne andò. Cosa era successo? Perché si era arrabbiato? Gli avevo solo dato un consiglio, dopotutto. E ora dove diamine era sparito?
Entrai nel giardino incolto e comincia a girare intorno alla casa. Il mio respiro si spandeva in piccole nuvole attorno a me.
E poi, alla fine, lo trovai dietro alla casa. Era di spalle, e guardava la luna, che aveva appena finito di nascondersi da dietro una nuvola. I suoi raggi facevano risplendere i suoi capelli biondi.
Mi misi accanto a lui, e lo osservai. Non era più come prima, con i lineamenti contratti dalla rabbia. Anch'io guardai la luna.
“Scusami, per prima. Non volevo farti arrabbiare.”
“Di cosa stai parlando?” chiese.
Sorpresa, mi voltai verso di lui esterrefatta. Ripensai a prima. Ora, quel momento mi sembrava come un sogno, un incubo, un attimo in cui avevo agito senza ragionare. Sospirai.
“Di niente.”
Rimanemmo lì, senza parlare.
“Tu cosa vedi nella luna?” mi chiese d'un tratto.
“Come?”
Che strana domanda. La luna era la luna, l'avevo sempre considerata come un ammasso di polvere. Anche da bambina, non l'avevo mai veramente osservata. L'unica cosa per cui la apprezzavo era per la luce che emanava e per il fatto che, così, dava al mondo il colore della mia anima.
Alzai lo sguardo e la osservai attentamente.
“Beh...” Mi concentrai. “Forse...una faccia.”
Lui mi guardò sorridendo, con i suoi azzurri che in quel momento risplendevano come metallo liquido.
“E come?”
“Beh...non so. Quei due grandi crateri potrebbero essere due occhi, e poi quello più grande ancora in basso una bocca aperta...diciamo che mi sembra una faccia tonda girata di tre quarti che è sorpresa.”
Nathaniel continuò a sorridere. Poi si voltò di nuovo verso il satellite.
“Io invece ci ho sempre visto un uomo e una donna che si baciano. Non lo vedi?”
Me la indicò.
“Tra quelle due fessure scure...sembrano due volti di profilo che s'incastrano perfettamente l'uno nell'altro.”
Osservai meglio l'astro. Cristo...aveva ragione! Le due figure si delinearono ancora meglio nella mia mente, e mi chiesi come avessi fatti a non notarle mai.
“È impudico, lo so, immaginare una cosa del genere...ma non so. Ho sempre visto quello” continuò Nathaniel.
“Impudico?” aggrottai la fronte. “A me non sembra che due persone che si baciano sia un pensiero così impudico. Cioè...lo fanno tutti.”
Lui continuò a guardare la luna. Io, intanto, avevo cominciato a osservare le nuvolette che mi uscivano dal naso, come il fumo dalle narici di un drago. Il fumo...oddio, la mia sigaretta! Guardai la mia mano destra. Si era spenta. Me ne ero completamente dimenticata. Avevo visto Nathaniel, quella strana forza mi aveva trascinato fuori di casa verso di lui...sicuramente si era spenta mentre uscivo. Beh, in ogni caso aveva un altro accendino nella tasca del giubbotto. Riaccesi la sigaretta. Aspirai ed inspirai il fumo, gustandomi il sapore del tabacco. Nathaniel si voltò verso di me, mi lanciò un'occhiata stupita e si rigirò.
“Sei davvero strana, Lily Byrd” disse con tono divertito. Ma c'era qualcosa, in quel tono, che mi fece venire la pelle d'oca. Non sapevo perché, ma sentivo come se dovessi provare una sensazione di pericolo. E invece non la provavo.
“Le poche volte in cui ti ho vista, eri sempre vestita di scuro, parli come un ragazzo di strada, inoltre fumi come un uomo ed hai un anello nella lingua. Davvero una strana ragazza.”
Si mise davanti a me e mi guardò negli occhi. Sostenni il suo sguardo. Era come se sulla Terra fossimo rimasti solo io e lui. Tutto era sparito intorno a noi, il giardino, la vecchia casa, la strada, il villaggio, il mondo intero. Era come un gioco d'ipnosi, in cui l'uno doveva ipnotizzare prima l'altro. Nonostante ci fosse come una scintilla diabolica negli occhi di Nathaniel, io lo fissavo, e rimanevo impassibile a quello sguardo che voleva divorarmi. E poi...d'un tratto...il ragazzo cominciò a fissare il suolo, e tutto il mondo tornò intorno a noi. Mi scossi. Sembrava che fossero passati solo pochi secondi.
Portai la sigaretta alle labbra. Quando entrò nel mio campo visivo e me la portai alle labbra, restai però sbalordita. Era completamente consumata.
“Credo che tornerò in casa” disse Nathaniel. “I miei oggi non verranno.”
“Temo di no” gli risposi.
Lo riaccompagnai fino alla porta.
“Beh...buonanotte.”
Lui mi sorrise tristemente.
“Buonanotte.”
Entrai in casa. Mi accorsi che dalla TV si sentiva una musica dell'inizio di Mamma Mia. Che le due pesti avessero rimesso il film due volte di seguito?
Ma quando entrai nel salotto le trovai tutte e due addormentate. Ma...guardai l'orologio. Oggesù! Era quasi l'una del mattino! Eppure...ero uscita di casa che erano appena le dieci. Possibile che fosse passato tutto quel tempo?
Quella sera, dopo aver messo Violet e Rose a letto, rollandomi una seconda sigaretta, pensai che Einstein aveva davvero ragione, quando parlava di relatività.

martedì 14 agosto 2012

Una libreria. Mia sorella mi dice "Guarda quello che vuoi". Io guardo gli scaffali senza troppa convinzione. Non ho in mente nessun libro che potrebbe interessarmi. Tutti quelli che vedo o li ho già oppure non mi dicono niente. Dico ok. Poi però mi viene in mente un libro. L'ho visto a Sassari, dalla Giunti. A prima vista io e Chris (qualche tempo fa C. mi ha detto "E metti il mio soprannome sul blog la prossima volta che devi parlare di me!") abbiamo pensato 'Bah, sarà una delle solite storielle mielose alla Moccia'. Poi lo abbiamo preso e poco a poco leggendo la trama ci siamo accorte che era tutto il contrario. Ma quel libro non c'è. Non mi ricordo più del titolo, ma della copertina si. Devo ammettere che sono un po' delusa...ma dopotutto quella è una piccola libreria. Mia sorella intanto guarda le offerte. Poi dice "Vabbeh, andiamo" io faccio si con la testa, per un attimo mi giro e...sgrano gli occhi. Chi vedo lì, tutto solo soletto, isolato dagli altri, con sulla copertina due ragazzi sorridenti che si abbracciano? LUI!! Questo è il destino. Ultima copia di tutta la libreria, è stato lasciato solo dai suoi fratellini. Sembra quasi che mi chiami "Kore...sono rimasto tutto solo. Vuoi che ti faccia compagnia? Vuoi che ti faccia divertire? Anche solo qualche giorno..." Lo prendo, accetto il suo invito. Ecco il titolo che non ricordavo. Si chiama Prima del Futuro, ed è un libro di fantascenza in cui c'entra facebook. Ve lo consiglio...ho letto solo il primo capitolo, ma credo proprio che ne valga la pena!!

domenica 12 agosto 2012

Finalmente vi ritrovo!!

Scusatemi per l'assenza. Sto vivendo questi giorni in modo piuttosto intenso rispetto al solito. Anzi...intensissimo!! Ok, smettiamola, diciamo che ieri ho passato la giornata al fiume (l'acqua era freddissima, quando stavamo attraversando da una riva all'altra i miei polpacci gridavano 'smettila di fare cavolate') e avant'ieri sono incappata in una bellissima festa che sembrava una versione più cerebrale e alcolica (XD) del party in piscina di 20 Whisper street.
Per il resto mi sto divertendo tantissimo. Adoro il Piemonte. Non so, mi rilassa...sarà per tutto questo verde. Oppure per il fresco. Appena posso in settimana mi faro' un bel giretto per Pettinengo. Sogno sempre di venire a vivere qui, un giorno. Devo andare a controllare la casa che ho addocchiato...l'anno scorso era in vendita, ma ho sentito dire che è stata venduta. Tristezza immensa. Anche se costa tantissimo e anche dentro sarebbe da rifare tutta. E' uno di quei sogni che non si realizzeranno mai ma che mi piace pensare... E poi voglio fotografare!! Sempre le stesse cose, il parco con quella panchina dalla quale c'è un panorama stupendo, la casa costruita nel 1789, la chiesa, il monte Rovella sfigurato da un incendio. Ancora non riesco a capire cosa ci sia di devertente a far rotolare due barili infuocati. L'anno scorso quando ho visto quel semicerchio bruciato in mezzo al verde mi è mancato un colpo.
Bene, ora vi lascio. Stasera guardo la cerimonia di chiusura delle Olimpiadi. Spero che stavolta ci saranno i Muse...sennò mi arrabbio!!! ;)

mercoledì 8 agosto 2012

20 Whisper street- ep.4

“Non la voglio la minestra, mi fa schifo!”
“Ma ti fa bene, non lo sai che tutti i più grandi del baseball compreso Joe Di Maggio mangiavano la minestra da piccoli?”
“Ebbene io sarò la prima star del baseball a non aver mangiato la minestra!”
Violet mi fece una linguaccia e se ne andò in camera sua, seguita a ruota da Rose. 
Sbuffai. Neanche a me piaceva la minestra, ma ora mi stavo sacrificando. Presi due piatti e li riempii. Poi presi dalla tasca dei pantaloni la boccetta di passiflora. Allora...Chris aveva detto venticinque gocce per i bambini. Mmm...
Pochi minuti dopo, misi davanti alle mie sorelline la loro minestra condita da cinquanta gocce di passiflora. Non la mangiarono volentieri, e, quando dissi a Violet: “Sei una peste”, lei mi rispose con:
“E tu sei un maiale, un cucchiaio, un asino, una mela, una strega...” eccetera, eccetera, eccetera. Ormai ero abituata a farmi trattare di tutte le specie viventi, non viventi o inventate, ma questa vota i miei non c'erano.
“Mangia, cazzo!”
Violet si zittì. Rose disse solo un timido: “Non si dicono le parolacce.” Il resto della cena la passammo in silenzio.
In seguito le misi un dvd di Scooby Doo, e mezzora dopo dormivano davvero come dei sassi. Le portai nei loro letti, mi vestii, mi truccai e misi il mio giubbotto in pelle nera per coprirmi. Chiusi a chiave la casa e mi avviai verso il domicilio di Ticknor. 
Nonostante le nuvole, faceva ancora abbastanza chiaro. Almeno vedevo dove mettere i piedi. 
Dopo dieci minuti, arrivai alla casa. Caspita! Io non sarei mai riuscita a pagarmi una casa del genere. 
I Ticknor erano la famiglia più ricca di Ghostly Village. Erano entrambi avvocati di successo, ed erano felicissimi di poterlo ostentare. Avevano una casa enorme con piscina, e una macchina di quelle che vedi solo in t.v quando parlano dei miliardari americani. E un figlio nerd e viziato. Che questa volta aveva avuto la strana idea di organizzare una festa. 
Fuori dalla casa c'erano segni che facevano ben vedere che lì dentro qualcosa stava succedendo. Prima di tutto, la musica a palla. Tesi l'orecchio. Eminem. Che schifo. Davvero non appropriato. E poi, c'erano Pearl e Chris. 
“Dalla faccia che fai si vede che non ti piace per niente” disse calma quest'ultima. “E hai ragione. Ma quelli là non vogliono capire che Eminem come musica a una festa non è il massimo.”
Le raggiunsi.
“Che altro c'è lì dentro?”
“Tutti i ragazzi del nostro spettrale villaggio” rispose Pearl. “Ma secondo me tra poco arrivano gli imbucati dei paesi vicini. Le tue sorelline?”
“Sono in coma profondo.”
Ridemmo insieme ed entrammo. 
In effetti, c'erano tutti i ragazzi del villaggio. Ma per quella grande casa quello non era un problema. Le luci erano soffuse, e ad alcune lampadine era stata appiccicata della carta colorata di verde, blu o rosa. Dappertutto, ragazzi e ragazze che ballavano o parlavano. La musica proveniva da un impianto stereo collegato a un computer.
“Però, ha fatto una cosa carina, Ticknor” commentai. 
Il principale interessato si materializzò proprio in quel momento accanto a me. 
“Ci ho messo tre giorni senza dormire, Byrd, e se tu dici che non è male allora sono stato proprio bravo.”
Non c'era niente da fare. Anche in mezzo a tutto quel casino di corpi, musica e bicchieri, George Ticknor era un nerd: capelli corti scuri messi di lato con una frangetta e occhialoni cerchiati. Reggeva un vassoio con tre bicchieri contenenti un liquido rosa. 
“Però, non mi aspettavo di vedere voi tre asociali qui! Se volete, il buffet è dritto davanti a voi. Questi” e indicò i bicchieri. “Sono per i miei amici.” E se ne andò.
“Per i suoi leccapiedi, vuole dire” disse Chris. Tutti sapevano che i tre che seguivano ovunque Ticknor lo facevano solo per i suoi soldi.
“Io propongo una cosa” fece Pearl. “Lo ubriachiamo, lo buttiamo nella piscina, lo facciamo affogare e diciamo che non ce ne siamo accorte.”
“Buona idea” le risposi. 
Andammo al buffet, dove prendemmo una manciata di patatine e una lattina di birra ciascuna.
“Qui c'è gente di più di ventun anni” disse guardandosi intorno Pearl. “Avranno portato loro l'alcool.”
Ci spostammo nel giardino, dove vedemmo la famosa enorme piscina dei Ticknor. C'era gente che, nonostante il freddo (non mi ero neanche tolta il giubbotto), sguazzava con un cocktail alla mano nell'acqua. Si dovevano essere portati il costume da bagno dietro. 
“Però, guarda chi si vede! Lily Byrd e company! Sei venuta a spacciare, Byrd?”
La voce veniva da dietro le nostre spalle. Ed era la voce che più detestavo al mondo. Mi girai e vidi il suo proprietario: Justin Corbett. Teneva in mano un tramezzino e una bottiglia di coca cola. 
“Beh, no Corbett, visto che ho smesso per colpa tua.”
“Si, ma sai come si dice, il lupo perde il pelo ma non il vizio. E poi...” si avvicinò a me con fare teatrale. “Sai, mi hanno detto che avresti visto un camion che poi è scomparso nel nulla...cos'è non spacci ma consumi tu?”
Mi guardai attorno, allarmata. Oh, cavolo! C'era Brice Lingualunga, la figlia dei vicini. Suo obbiettivo nella vita era quello di ascoltare il maggior numero di informazioni private e riferirle al mondo intero. Mi doveva aver sentito mentre parlavo con Violet. Tentai di controllarmi. 
“Si, ho visto un camion...che poi ti schiacciava come un salame sulla strada. Chissà, Corbett, magari ora ho doni profetici.”
“Ahahahaha! Ma quanto sei divertente, Byrd! Ci vediamo.” E se ne andò.
Lo guardai allontanarsi.
“Brutto scemo.”
Passammo il tempo bevendo la nostra birra. Quella festa faceva davvero schifo. Nessuno osava parlare con noi, le emarginate, e a noi di questo non ce ne fregava niente. Avremmo potuto ballare, ma la musica non era molto appropriata, per i nostri gusti. Rimanemmo lì, poi, a fumare, guardando la gente che si buttava nella piscina. Ad un certo punto un ragazzo che proveniva da un villaggio vicino e che non aveva costume da bagno, si spogliò rimanendo in mutande e si tuffò. Noi lo osservammo divertite. Era davvero un bel tipo. 
Quando d'un tratto 50 Cent si mise a cantare, Chris ne ebbe abbastanza.
“Aspettatemi” disse. 
Si diresse verso il computer, prese il suo mp3 dalla tasca del giubbotto, lo collegò e aprì i file. Poi, spense la musica. 
“Adesso vi faccio ascoltare della vera musica per ballare” urlò contro le voci di protesta. 
E subito si sentì una chitarra elettrica andare a tutto volume e poi una voce maschile cantare in una lingua strana, che io e Pearl riconoscemmo come giapponese. 
“Ora la buttano fuori” disse Pearl. 
“Si, ma intanto mi concede questo ballo, signorina?” le chiesi prendendole le mani. Chris ci raggiunse e insieme cominciammo a ballare in cerchio. Gli altri protestavano, e d'un tratto arrivò George Ticknor infuriato, che ci chiese quasi urlando: “Che cosa diavolo è questa roba???”
Chris smise di ballare e disse, calma: “Musica giapponese, George. È la sigla di un anime che si chiama D-Gray Man. Almeno si può ballare, non come quella roba che c'era prima.”
“Ah si? Ebbene a me e a tutti gli altri non piace, quindi togli quell'mp3 e rimetti la musica di prima, capito?”
“Oh, va bene, non pensavo che fossi così suscettibile, Joe!”
Ridendo, ci avviammo tutte e tre a togliere l'mp3 di Chris e a rimettere la musica rap.
Dopo altri dieci minuti, però, Pearl propose di andarcene e così facemmo. Eravamo soddisfatte del casino che avevamo fatto. 
Mentre eravamo alla festa, le tenebre erano scese su Ghostly Village. La strada non era illuminata, perché i lampioni non funzionavano bene. Le nuvole rendevano ancora più cupo il villaggio, impedendo alle stelle e alla luna di spandere il loro fioco chiarore sul mondo. 
Ci lasciammo davanti a casa Ticknor. Io mi misi il cappuccio del giubbotto e camminai brevemente sul bordo del marciapiede, usando le braccia per mantenere l'equilibrio. Decisi di non tornare subito a casa. Dopotutto, avevo il via libera, no? Nessuno lo avrebbe mai saputo.
Il villaggio era piccolo, avrei potuto farne il giro. Decisi di fare così. Conoscevo Ghostly Village palmo a palmo, sapevo quale strada fare in seguito per tornare a casa. Cominciai così il mio giro, camminando lentamente. E poi...gradualmente, insinuandosi prima segretamente e poi via via sempre più profondamente nell'animo, sentii la strana sensazione di essere seguita. Cominciai ad avere paura. Mi voltai di scatto. Nessuno. Faceva freddo, sentivo la temperatura scendere poco a poco. 
'Ma che cavolo sta succedendo?' pensai. La notte sembrava ancora più nera. Guardai l'orologio. Erano appena le dieci.
Mi rigirai e cominciai di nuovo a camminare, questa volta più svelta. Sentivo l'ansia crescere nel petto, quella sensazione di essere seguita era mista a paura e insicurezza. Mi infilai una mano nella tasca dei jeans e afferrai la chiave di casa. La tenni stretta, con la parte che si infila nella serratura pronta a scattare verso l'occhio di un eventuale aggressore. Volevo tornare a casa, e il più presto possibile. Ogni minimo rumore mi sembrava sinistro. E faceva così freddo... 
Girai nella strada dove le case cominciavano ad avere dei grandi giardini come il mio. Ci mancava poco, ero quasi a casa...ma perché mano a mano che avanzavo faceva sempre più freddo?
Poi, d'un tratto, vidi una figura ferma dall'altro lato del marciapiede. Mi avvicinavo, camminando. Poco a poco, lo distinsi. 
Era un ragazzo alto e magrissimo, il viso era smunto. Aveva i capelli lunghissimi, lisci e biondi, che sembravano risplendere nonostante l'assenza di luce. Anzi, a dir la verità...tutta la sua figura sembrava mandare un qualche bagliore. Ma pensai che magari fosse solo per il colore dei suoi vestiti, di un bianco candido. Avevano uno strano taglio. Una lunga camicia a maniche lunghe e un pantalone molto largo, non fatto di jeans ma un tessuto finemente lavorato. 
Quando fui abbastanza vicina, lui si voltò verso di me. Aveva gli occhi chiarissimi. La sua era una bellezza d'altri tempi, di quelle che vedi solo in certe rappresentazioni di creature fantastiche come gli elfi. Mi fermai, sostenendo il suo sguardo. 
“Buona sera” disse alla fine. “Sapresti dirmi se questa è Whisper Street?”
Cavolo. La mia via.
“No” risposi. “Ma se vuoi posso guidarti io. Ci abito, in Whisper Street.”
“Oh! Che deliziosa coincidenza!” 
Ci rimasi di sasso. Deliziosa? Che razza di linguaggio era? 
Cominciò a seguirmi.
“Tu non sei di queste parti” affermai.
“No, infatti. Vengo da un paese piuttosto lontano, mi sono appena trasferito.”
“A Ghostly Village? Sei proprio strano.”
“Perché?”
Sembrava sorpreso che gli avessi detto quello. 
“Beh...perché qui non si trasferisce mai nessuno.”
Continuammo a camminare. Dopo un po' riattaccò bottone.
“Io sono Nathaniel” disse.
Nathaniel. Che nome vecchio, pensai. Però mi piaceva.
“Lily” risposi semplicemente.
“Davvero? Che strano nome.”
“Perché il tuo non è strano, forse?”
“No, è molto comune...almeno dalle mie parti.”
Risi. Dalle mie parti, sempre dalle mie parti.
Eravamo arrivati in Whisper street. Chissà in quale casa abitava, quello strano ragazzo. Alla fine, ci ritrovammo davanti alla mia. 
“Beh...io sono arrivata. Io abito qui.” 
“Ah. Potresti dirmi, per favore, qual'è il suo numero?”
“Diciotto” risposi.
“Ottimo! Allora quella è la mia casa” e indicò la spettrale abitazione accanto. 
Mi accorsi che faceva ancora più freddo, e che sembrava che la casa stessa emanasse quel gelo. Eppure, era proprio lì che abitava Nathaniel. Ma dai! Non avevo visto un camion dei traslochi proprio tre giorni prima? Non era stata un'allucinazione, era tutto vero! 
“È un po' in rovina” commentai comunque. 
“Aspetterò i miei genitori per rimetterla in sesto. Dovrebbero arrivare tra pochi giorni.”
Mentre si dirigeva verso la casa, io fui assalita da un improvviso attacco di distrazione. Avevo appena notato le ombre sulla porta, e mi stavo chiedendo, se ci fosse stata la luna, come sarebbero state. 
“Ciao, e buonanotte, Lily.”
Risvegliata dalle mie fantasticherie, girai la testa di scatto e dissi: “Ciao, Natha...” 
Ma non c'era nessuno. Era scomparso, nella notte. E proprio in quel momento la luna riapparve, e il freddo scomparve come risucchiato dalla casa. Rabbrividii, inconsciamente. 
Quando entrai, la prima cosa che sentii fu il russare di Violet e Rose insieme. Mi accorsi di essere stanchissima. Andai in camera, mi tolsi il giubbotto, e mi buttai sul letto. Mi addormentai all'istante, subito preda di quelle immagini confuse che ormai mi assalivano ogni notte.

lunedì 6 agosto 2012

Roméo kiffe Juliette


Romeo abita al pianterreno dell'edificio tre
Giulietta nel palazzo di davanti all'ultimo piano
Hanno sedici anni tutti e due e ogni giorno quando si vedono
Cresce nei loro sguardi una voglia di condivisione
E' al primo appuntamento che fanno il grande passo
Sotto un triste cielo d'autunno dove piove sui loro corpi
Si baciano come dei pazzi senza paura del vento e del freddo
Perchè l'amore ha le sue stagioni che la ragione  ignora

Romeo ama Giulietta e Giulietta ama Romeo
E se il cielo non è clemente peccato per il meteo
Un amore nel temporale, quello degli Dei, quello degli uomini,
un amore, del coraggio e dei ragazzi fuori dalle norme

Giulietta e Romeo si vedono spesso di nascosto
Non è che attorno a loro la gente potrebbe prenderli in giro
E' che il padre di Giulietta ha una kippa sulla testa
E quello di Romeo va tutti i giorni alla moschea
Allora mentono alla loro famiglia, si organizzano come dei professionisti
Se non c'è un Dio per il loro amore, s'immaginano una scenografia
Si amano in un cinema, dai loro amici, nel metro'
Poichè l'amore ha le sue case che i padri ignorano.

Romeo ama Giulietta e Giulietta ama Romeo
E se il cielo non è clemente peccato per il meteo
Un amore nel temporale, quello degli Dei, quello degli uomini
Un amore, del coraggio e dei ragazzi fuori dalle norme

Il padre di Romeo è impertinente, ha dei sospetti
La famiglia di Giulietta è ebrea, non la devi avvicinare
Ma Romeo argomenta e resiste alle pressioni
Ce ne freghiamo papà che sia ebrea, guarda com'è bella
Allora l'amore resta clandestino appena suo padre volta le spalle
Le fa vivere la grande vita con i mezzi di bordo
Per lei è sandwich alla greca e formaggio al McDonald
 Poiché l'amore ha i suoi legami che i bigliettoni ignorano

Romeo ama Giulietta e Giulietta ama Romeo
E se il cielo non è clemente peccato per il meteo
Un amore nel temporale, quello degli Dei, quello degli uomini,
Un amore, del coraggio, e dei ragazzi fuori dalle norme

Ma le cose si complicano quando il padre di Giulietta
Trova dei messaggi che non avrebbe dovuto leggere
un sms sull'Iphone e un chat su Internet
La sanzione cade, non puo' più uscire
Romeo si annoia nello hall dell'edificio tre
Nonostante il suo amico Mercuzio, la sua gioia si evapora
La sua principessa è vicina ma tenuta prigioniera sotto il suo tetto
Poiché l'amore ha le sue prigioni che la ragione disonora
Ma Giulietta e Romeo cambiano la storia e fuggono
Si puo' credere che si amano più nella vita che nella morte
Nessuna fiala di cianuro, non ne dispiaccia a Shakespeare
Poichè l'amore ha i suoi orizzonti che i veleni ignorano

Romeo ama Giulietta e Giulietta ama Romeo
E se il cielo non è clemente peccato per il meteo
Un amore nel temporale, quello degli Dei, quello degli uomini
Un alore del coraggio e dei ragazzi fuori dalle norme

Romeo ama Giulietta e Giulietta ama Romeo
E se il cielo non è clemente peccato per il meteo
Un amore in un temporale reazionario e rivoltante
un amore e due ragazzi avanti sui loro tempi

domenica 5 agosto 2012

Non c'è molto da dire, oggi. E' l'ultimo giorno in Francia, e per la prima volta non vedo l'ora di lasciarla. Domani a quest'ora staro' sicuramente arrivando a Pettinengo, il villaggio vicino a Biella dove abita mia sorella...finalmente. Pettinengo mi manca tantissimo.
Sto al computer, bevo una fanta, e faccio ricerche per il mio folle progetto, quello che comincero' a scrivere tra almeno otto anni e che mi terrà impegnata per i successivi quindici minimo. Sempre che tutto vada bene. Se cosi' fosse, tra otto anni saro' in un posto bellissimo a studiare lingue parlate solo da poche centinaia di persone, un tempo nazioni fiere e coraggiose distrutte dalla civiltà occidentale.
Ieri ho visto Fight Club di David Fincher. Finalmente. Il libro mi era piaciuto tantissimo, nonostante il suo stile anarchico. E anche il film non è male. Ma quando mai un film di David Fincher non mi è piaciuto?
E ho anche visto una miniserie tv francese tratta da un fumetto, L'épervier (in italiano Lo Sparviero). E' ambientata nel 1700, e racconta la storia di Yann de Kermeur, un corsaro tornato dopo dieci anni in compagnia di un indiano d'America a Brest per ritrovare la donna che ama. Ma quanto arriva non solo la trova sposata al suo peggior nemico, ma è anche accusato di un crimine che non ha commesso. Dovrà affrontare tante avventure per essere riabilitato e ritrovare un misterioso tesoro...
Mi è piaciuta tantissimo...e pensare che all'inizio non volevo neanche guardarla. Ma quando i miei hanno messo i titoli di testa e ho sollevato lo sguardo, ho visto un ragazzo con la pelle un po' scura, lunghi capelli neri e un segno azzurro sul naso. Sono caduta come un sacco di patate sul divano e ho cominciato a guardare.
Per il resto, nulla di più. Spero di non causare un'altra catastrofe naturale da mia sorella, visto che ogni anno che ci sono andata è successo qualcosa: due tempeste, un terremoto e l'anno scorso la tromba d'aria.
Attenzione, sto arrivando!!!!! ;)

sabato 4 agosto 2012

Le Strade Della Vendetta

Ciao a tutti, cari follower. Come forse sapete, ho pubblicato un libro grazie al sito ilmiolibro.it. Per il momento avevo stampato solo qualche copia cartacea, ma qualche tempo fa ho deciso, anche per poter partecipare ad un concorso, di pubblicarlo online sul sito...e ieri, finalmente, ce l'ho fatta!!! Ecco qui il link: 

Le Strade Della Vendetta: Dawn è una ragazza di diciotto anni che vive nella periferia di una grande città americana. Vive una vita semplice: è brava a scuola, ha dei buoni amici e un ragazzo che la ama. L'equilibrio si rompe quando Miguel, il suo ragazzo, viene ucciso da tre poliziotti. E quando l'azione legale che aveva tentato di aprire contro gli assassini di Miguel si rivela vana, decide che non le resta che farsi giustizia da se'...

Ora ho solo bisogno del vostro aiuto!! Potete condividere questo post, per favore?
Grazie a tutti!! :D

20

Alla fin fine, è stato un compleanno normale. Un compleanno non più atteso con l'ansia degli ultimi anni, con quei pensieri ricorrenti tipo 'Oddio, un anno in più' e 'Ho tale età e ancora non ho fatto questa e quest'altra cosa.'
No, stavolta niente ansia. Sarà che sono cresciuta, quest'anno. E' stato doloroso, ma sono cresciuta. Mi sento...adulta. Donna. Non più l'adolescente mezzo dark mezzo emo. Certo, amo sempre vestirmi in un certo modo, amo ancora alla follia le tinte per capelli stravaganti e la musica methal, per il grande stupore di tutti. Sono fatta cosi'. Ma mi sento anche diversa. Non so in che modo, ma lo sento.
Ho ricevuto tre libri sul cinema, uno su Caravaggio, due CD, un maglione e un nuovo quaderno di sclero. E poi mi sono fatta tre regali: un libro introvabile in Italia, La délicatesse di David Foenkinos, Stones Grow Her Name dei Sonata Arctica, che ho trovato in offerta alla Fnac, e una mostra su Caravaggio e i caravaggisti. Ho visto il Ragazzo morso da una lucertola, Il sacrificio di Isacco, e tele di De La Tour, Velasquez, Gentileschi padre e figlia. E tanti altri. La mostra è al Museo Fabre di Montpellier. Per la prima volta dopo vent'anni, ho passato almeno in parte il mio compleanno nella mia città natale. Ho lasciato i miei alla Fnac e sono andata dal sola al museo. Mi sono confusa tra la folla, come una vera cittadina di Montpellier, non una che si sente attaccata alla città ma che praticamente non ci ha mai vissuto e sa soltando come andare dalla Place de la Comédie al museo. Andando a Montpellier, siamo anche passati dalla piccola banlieu dove abitavano i miei. Mi sono chiesta come sarebbe stata la mia vita se fossi cresciuta li', invece che in Italia. Come sarei se fossi cresciuta in mezzo a quei blocchi di appartamenti tutti uguali? Chi sarebbero i miei amici? Sarei andata al liceo Mermoz o a quello Joffre? E avrei fatto anche io karate come i miei fratelli e le mie sorelle, magari ad alto livello come loro? Tutte domande inutili, ora che ci penso. Sono quel che sono, non posso costruirmi un'altra me basandomi su dei se.
So solo una cosa: che vent'anni fa mia madre forse era ancora sveglia, e si chiedeva se quella cosina sottopeso e sottosviluppata sarebbe sopravvissuta alla faccia del medico che le aveva detto di abortire perchè non c'erano speranze. Quella cosina vent'anni dopo c'è sempre, è ancora di una magrezza preoccupante ma c'è sempre. E ne è felice. :)

giovedì 2 agosto 2012

Dans Paris

Ieri, finalmente, era il giorno. Quello che aspettavo da un mese. Con mia sorella abbiamo preso il tgv che appena albeggiava. Quella del treno è stata la prima bellissima esperienza della giornata. Va cosi' veloce che mi sembrava di vedere i paesaggi come quando si manda avanti un film più velocemente. Ho visto i campi di grano, di quel color giallo cosi' brillante da stupirmi ogni volta, poi foreste immense, e in una piccola radura un cervo! Ho visto anche tre castelli...sono rimasta per tre ore con la faccia incollata al vetro e gli occhi che volevano assorbire tutto cio' che vedevano.
Siamo arrivate a Parigi verso le nove meno un quarto. Abbiamo attraversato la banlieu, proprio quella in cui è cresciuto mio padre! Credo che se ci tornasse oggi, non riconoscerebbe piu' niente.
Appena scese, siamo andate a fare il biglietto per la metropolitana. Era piena di gente, ad un certo punto dei ragazzi sono entrati e hanno suonato insieme il sassofono. Che bravi!! I corrodoi della metropolitana di Parigi sono pieni di persone che suonano uno strumento o cantano, ma anche di senzatetto.
Quando usciamo dalla metropolitana, camminiamo, e d'un tratto, appena dietro ad un muro, la vedo. Lei, cosi' alta, cosi' larga alla base. Uno dei simboli di Parigi...la Torre Eiffel. E mi redo conto che è davvero un ammasso di ferraglia! ;) Non siamo salite perchè c'era una coda enorme agli ascensori.


Invece, abbiamo preso il bateau mouche, e li' ho vissuto un vero e proprio momento magico...stavamo passando davanti alla cattedrale di Notre dame, quando d'un tratto le campane si sono messe a suonare. Inutile dire che ho pensato a Quasimodo e a Victor Hugo. Ho visto anche la vecchia stazione di Orsay, oggi adibita a museo, e tanti bellissimi ponti, tra cui quello Alessandro III.


 Siamo scese al Louvre. Varcata la porta dei Leoni, ho scoperto un enorme e lussureggiante giardino...poi un arco dedicato alla vittoria di Austerlitz, e infine la famosa piramide...che ho scoperto essere affiancata da altre tre più piccole. Siccome c'era una coda impossibile, siamo passate dal metro'. Ho visto la vittoria di Samotracia...ben altra roba che l'immagine minuscola del libro d'arte. E anche la Venere di Milo, che mi è piaciuta tantissimo!! Nessun libro e nessun documentario puo' renderla bella com'è nella realtà. Tra l'atro, se avete visto il Codice Da Vinci, vi ricordate che alla fine Tom Hanks segue delle placche di metallo per terra con la scritta ARAGO, La Linea della Rosa? Ecco, andando a vedere la Venere di Milo ne ho vista una!!! XD




Al Louvre abbiamo visto i pittori italani e le grandi tele del  XIX secolo francese. Per vedere La Gioconda, non vi dico... Era pieno!! Mi sono infilata tra la gente (ecco a cosa serve essere alta un metro e cinquanta...) e ho fatto tre scatti prima di prenderla bene. Ma ce l'ho fatta!! E non mi ha neanche delusa! Credo che sia perchè mia sorella in Piemonte ne ha il puzzle mille pezzi in salotto e le dimensioni più o meno sono quelle. E poi, ho visto Tiziano, Caravaggio, Raffaello, Veronese...e anche un piccolo Lorenzo Lotto che ho visto a Roma l'anno scorso quando sono andata ad una mostra dedicata solo a lui. Era uno dei quadri che più mi era piaciuto, e l'ho guardato come un vecchio amico.




Nella sezione francese, invece, ho visto La zattera della Medusa, La Libertà che guida il popolo, L'incoronazione di Napolone, La grande Odalisca di Ingres. Tantissimi quadri enormi e bellisimi.
Poi siamo andate a mangiare a Mc'Doland...avevo una fame!!!
Ci siamo fatte un giro. Alla Fnac ho trovato tanti dischi dei Sonata Artica!! Mia sorella mi ha preso Reckoning Night!! Cosi' potro' ascoltare Shamandalie a oltranza!! :D E poi ho pure comprato Lo Straniero di Albert Camus, un filosofo francese, grande nemico di Jean Paul Sartre.
Dalla Fnac siamo andate ai Champs Elysée...grandi! Con da una parte la Piazza della Concorde e dall'altra l'Arco di Trionfo! Siamo entrate in qualche negozio (finalmente ho Origin of Symmetry dei Muse!) e poi siamo andate in una specie di gelateria tedesca. Si chiama Haagen Dazs. Non ho mai mangiato un gelato più buono, anche se piu' che un gelato sembrava un piatto di ristorante.


E poi...siamo tornate alla stazione con la metro, e in treno sono crollata. Per dire, ieri sera avevo male ai piedi, alla schiena e alla spalla sinistra, visto che la mia borsa ma l'aveva praticamente segata. E un po' mi fa ancora male. Ma ne è valsa la pena. HO VISTO PARIGI!!! E anche se mi sono resa conto che non è una città dove potrei vivere (troppa gente, troppa velocità; preferisco venire incontro al mondo piuttosto che sia il mondo a venirmi incontro), un giorno spero proprio di tornarci!!

P.S: domani è il mio compleanno. Vent'anni...wow.