sabato 30 giugno 2012

Lettera

All'Egregia signora Elsa Fornero, ministro del Lavoro.
Vorrei rispondere alla frase da lei pronunciata per un'intervista al Wall Street Journal: "Il lavoro non è un diritto, deve essere guadagnato, anche attraverso il sacrificio". Beh, vede, quando ho letto questa frase, ho pensato a tutti coloro che affrontano un colloquio di lavoro. Non so se lei lo sappia, ma prima di arrivare ad un colloquio di lavoro, c'è una certa ricerca, sopratutto di questi tempi. E se c'è ricerca, vuol dire che c'è un minimo di interesse a trovare lavoro. Dalla sua dichiarazione, mi è sembrato che lei pensa che quei milioni di persone che sono disoccupate sono ben felici di non lavorare. Certo, sono felici di dover fare attenzione a cosa comprare per poter mangiare a fine mese. Sono felici di fare quei sacrifici che lei tanto stima per poter pagare bollette, IMU, mutuo...
Ho letto la sua frase proprio il giorno dopo aver avuto la notizia che la riforma che permette di licenziare con maggior facilità è stata approvata. Mi sono chiesta come lei veda quei lavoratori licenziati. Credo che lei non li veda come persone, ma come numeri. Se un posto non fa guadagnare, licenziamo. Se il mio maglione ha un buco, lo butto. Temo che lei non pesi a una cosa. Che dietro a tutti quei numeri ci sono uomini e donne con mogli e mariti, con figli che vanno a scuola e crescono. Quegli uomini e donne, dopo la famigerata lettera di licenziamento, torneranno a casa, di sicuro litigheranno con il partner e poi si metteranno alla ricerca impossibile di una nuova occupazione. (A proposito del litigio, si sa, la disoccupazione improvvisa influisce parecchio sui divorzi, e poi ci lamentiamo che la maggior parte dei matrimoni finiscono male).
Ho anche pensato a quelle migliaia di giovani il fior fiore del'intelletto italiano, che cercano dappertutto e invocano la grazia divina per trovare un lavoro, perché ormai sei così disperato che invochi pure quella, glielo dico io che sono un'atea nemmeno battezzata.
Ah, e c'è un'altra cosa che vorrei dirle di me, signora Elsa Fornero, ministro del Lavoro. Sono una liceale pluriripetente. Credo che, secondo i suoi criteri, farei la fine del maglione bucato. Non le dirò i motivi delle mie bocciature, ma una cosa gliela posso dire: che dietro a quel "pluri", c'è qualcuno che un po' di sale in zucca ce l'ha. Non lo dico io, lo dicono buona parte dei miei professori, nonostante tutto. Ecco vede, dopo il liceo intendo andare all'università e trovare un lavoro, non so ancora bene cosa, ma qualunque cosa sia non sarà facile e sarò sottopagata per un bel po'. Ma questo non è solo il motivo per cui, in due giorni, ho sbattuto il pugno sul tavolo e ho detto: "Io appena posso me ne vado da questo paese". L'ho detto soprattutto perché ne ho abbastanza di sentirmi un numero, una risorsa umana da spremere, una cosa. Perché, con tutte quelle frasette e quelle dichiarazioni sul diritto al lavoro, quel lavoro presente nel primo articolo della Costituzione Italiana (e quindi tra i Principi Fondamentali), lei e i suoi colleghi non mi date proprio voglia di aiutare a risollevare questo paese. Il mio impegno e i miei "sacrifici" andranno nelle tasche di qualcun'altro, qualcuno che mi considera prima di tutto una persona e non una risorsa.
Qui finisce la mia lettera, signora Elsa Fornero, ministro del Lavoro.
Rileggendola mi sembra di non aver neanche risposto alla sua dichiarazione, ma vabbé, non voglio annoiarla più di tanto.
Cordiali saluti.          

4 commenti:

  1. Risposte
    1. Grazie. Ero molto incavolata quando ho scritto il testo e non si vede...:)

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  2. Quanto hai ragione,anch'io sono una liceale e sono preoccupata per il mio futuro, chissà dove andremo a finire!
    E per rispondere alla Fornero: il lavoro non è un diritto, è un DOVERE.
    Un abbraccio!

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    1. Io ormai non vedo altra alternativa che andare all'estero. Mi dispiace, perché l'Italia è il paese dove sono cresciuta, ma preferisco avere un lavoro in un paese come la Francia o l'Inghilterra che rimanere qui ed essere alla fame e senza un'indipendenza economica.

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