“Dai, Lily, lancia quella palla!”
La
voce della mia sorellina mi distolse da quell'improvvisa
fantasticheria che mi aveva posseduto guardando le nuvole in cielo.
C'era un minuscolo buco tra l'una e l'altra, e stavo immaginando il
raggio di luce solare che ne sarebbe uscito se in quel momento ci
fosse stato il sole dietro alla nuvola. Feci più salda la presa
sulla palla da baseball nelle mie mani e la tirai. Violet, dall'alto
dei suoi sei anni, la centrò in pieno.
“Siiiiiiiiii,
sono il nuovo Joe Di Maggio!!!”
Mi
rilanciò la palla, e si mise per l'ennesima volta in posizione da
battitore.
Che
tempo strano, quella settimana. Eravamo quasi alla fine di agosto,
c'era un leggero vento fresco e il sole si nascondeva dietro a nuvole
candide, ricomparendo per poco tempo quando meno te lo aspettavi.
Quell'aria mi dava un senso costante di malinconia e di tensione. Era
come se presentissi nel più profondo di me stessa che qualcosa di
losco stesse per accadere.
Ma
quel giorno, nonostante il clima, Violet voleva esercitarsi a
baseball, e dato che ero da sola in casa per due intere settimane
(mamma e papà, che lavorano insieme, erano in viaggio d'affari in
Europa) avevo dovuto cedere. Che strazio!
Ora
stavo lì in giardino a tirare palle sotto lo sguardo annoiato di
Rose, l'altra mia sorellina, di tre anni. Ma perché diamine mi
avevano lasciata lì da sola e non avevano chiamato la solita baby
sitter? Ah sì...perché “ora hai diciott'anni e sei anche tu
responsabile della famiglia”. Che schifo!
Inseguendo
questi pensieri, feci cambio di ruolo con Violet e centrai male la
palla, che finì per rotolare nella strada.
“Ecco,
brava, ora vai a prenderla tu!”
Lanciai
uno sguardo inceneritore a Violet e le tirai la lingua. Il mio
piercing alla lingua fece l'effetto che desideravo. La strada era
deserta, non c'era nessun rischio. Mi mossi, superai la bici a
quattro ruote di Rose e l'altalena e arrivai sul marciapiede.
E
proprio in quel momento un paio di enormi ruote entrarono nel mio
campo visivo e schiacciarono la palla da baseball. Rimasi gelata sul
posto a fissare quella piccola porzione di spazio dove un tempo c'era
la pallina che era appartenuta a mio nonno e a mio padre con sopra
scritto “Original Red Sox”, un cimelio di famiglia ammirato da
tutti e preso dall'armadio mezzora prima invece della palla da due
soldi perché “tanto non gli succede niente”. Oddio, adesso ero
proprio morta.
Alzai
lo sguardo verso l'assassino. Era un camion dei traslochi. Camion dei
traslochi?? Ma chi era lo scemo che veniva ad abitare a Ghostly
Village? Dal nome agli abitanti, sembrava di essere in una cittadina
di morti viventi!
Ma
cosa ancora più assurda, il camion assassino si fermò giusto
davanti a casa nostra. Dal finestrino si sporse un uomo magro sulla
quarantina con in testa un berretto.
“Scusa
ragazzina, è questa Whisper Street?”
Ragazzina.
Quell'uomo mi era già antipatico.
“Si,
e questo è il numero 18” risposi prevenendo la eventuale prossima
domanda. “E non c'è nessuno che trasloca, a casa mia.”
“Infatti
a me non importa niente di casa tua. A me importa il numero 20.”
Mi
voltai verso la casa accanto alla mia, stralunata.
Da
che ne avevo memoria, quell'abitazione, così simile e al tempo
stesso dissimile alla mia, era disabitata. Negli anni, il cartello
con su scritto vendesi era stato sbiadito dalle intemperie, la siepe
separante, curatissima dalla nostra parte, era invece nel peggiore
degli stati dall'altra, e la casa stessa era quasi in rovina, con
alcune tegole andate via dal tetto, alcuni vetri delle finestre rotti
dalle sassate dei ragazzini che si divertivano a fare a gara a chi
aveva il coraggio di avvicinarsi di più alla 'casa dei fantasmi', e,
come se non bastasse, un rampicante che la divorava a metà. Eppure
adesso qualcuno ci si trasferiva.
Il
tipo dei traslochi avanzò un poco col camion. Io fissai la palla
spiaccicata a terra, poi tornai nel mio giardino.
“E
la palla?” chiese Violet.
“Eh...è
caduta nella fogna.”
Meglio
mentire. Dopo sarei uscita per toglierla dalla strada e distruggere
le prove.
“Oh,
noooooo! È
per questo che ci hai messo così tanto? Stavi provando a prenderla?”
Pensierosa,
risposi solo quando mia sorella mi rifece la domanda.
“No,
stavo parlando con il tizio del camion.”
“Del
camion? Quale camion?”
“Il
camion dei traslochi che è passato prima e che ora è parcheggiato
al numero 20.”
“Ma
non è passato nessun camion!!”
“Si
invece!”
“No!”
“Si!!
Non ho le allucinazioni, vuoi che andiamo a controllare?”
La
presi per il braccio e la portai sul marciapiede. Ma il camion era
sparito.
“Ecco
hai visto? Soffri di allucinazioni, invece! Quando tornano dico a
mamma e papà che hai ricominciato farti le canne!”
“Non
osare...!!!”
Stavo
per darle uno schiaffo quando scappò a gambe levate in casa urlando:
“Aiuto, aiuto, mia sorella mi vuole ammazzare!! Rose vieni con me!”
Sbuffai.
Insopportabile, la bambina. Guardai di nuovo verso il numero 20. Ma
dove diavolo era finito quel camion? Eppure...la palla da baseball
schiacciata era lì, e per fortuna Violet non l'aveva vista. Non era
stata un'allucinazione! Ma comunque, dov'era finito quel camion?
Che bellooooo l'hai pubblicata! :'D
RispondiEliminaMi intriga molto, non vedo l'ora di leggere il seguito!
Mi fa piacere che tu segua quella pagina, è molto carina, merita davvero ^^
PS: mi sono accorta adesso che hai aggiunto il mio banner alla pagina dei blog amici! Prendo subito il tuo!
Grazie, sono proprio contenta!!! :3
RispondiEliminaPubblicherò il secondo episodio mercoledì prossimo. Grazie anche per il banner!! :D
Wow *-* mi piaceeeeeeeeee adesso sono troppo curiosa D:
RispondiEliminaBeneeee!!! ;)
EliminaMa brava...è sei già riuscita a legarmi a te per le prossime puntate! Intrigante. Scrivi bene, sai? E adesso fino a quando ci tieni sulla graticola prima di regalarci la prossima pagina?
RispondiEliminaA presto.
Antonella
Grazie mille per i complimenti, sono proprio felice che ti piaccia!! Pubblicherò il prossimo episodio mercoledì, se ho internet, altrimenti venerdì prossimo, perché giovedì parto in Francia. Se vuoi puoi anche leggere quest'altra storia che avevo pubblicato qualche tempo fa: http://korepatin-whereismymind.blogspot.it/2011/11/il-cancello-era-sempre-li.html
EliminaBuona lettura! :D
Andrò senz'altro a leggerla, se ci riesco già oggi. A presto.
EliminaAntonella
Mi piace il classico della casa vicina "fantasma", ma la novità è il camion che scompare, di solito i vicini arrivano e sono molto strani... Non vedo l'ora di scoprire il seguito! =D
RispondiElimina:DD La casa è ispirata ad una vera mezzo crollata che è vicino a dove abito...e che è stata cruciale nell'ispirazione per questa storia! :)
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