Il giorno dopo, fui svegliata
dall'abbaiare di un cane alle sette. Scocciata, mi alzai, aprii la finestra e
urlai: “Vuoi stare zitto!”
Il cane la smise e mi guardò. Era nero,
il pelo medio e duro era irto. Stava davanti al numero 20, contro il quale
stava abbaiando poco prima. Mentre ci osservavamo a vicenda, ebbi una strana
sensazione. Era come se quel cane fosse...strano. Come se...tra me e lui ci
fosse un vetro invisibile. Si voltò di nuovo verso la casa. Chiusi gli occhi e
li riaprii, incapace chissà per quale ragione di guardarlo ancora. E il cane
era sparito. Non ce n'era più nessuna traccia.
'Oggesù!' pensai. Per la terza volta in
meno di una settimana, qualcosa che avevo viso era scomparso improvvisamente.
Non era normale. O non ero normale io? Basta. La dovevo smettere!
Dato che non riuscivo più ad
addormentarmi, accesi il computer e passai il tempo a navigare su internet.
Scaricai tre canzoni degli Iron Maiden che non avevo. Alle dieci sentii Violet e
Rose che si svegliavano nella loro stanza. Spensi il computer e scesi in cucina
a preparare la colazione. Le bambine tardavano ad arrivare. Alle dieci e mezzo,
il campanello squillò. Erano Chris e Pearl.
“Salve, compagna di casini!” mi
salutarono strizzandomi l'occhio.
“Ciao.” Stavo ripensando a quel cane nero.
“Qualcosa non va?” mi chiese Pearl
preoccupata.
“No, tutto bene” mentii.
Proprio in quel momento, le mie
sorelline scesero in cucina. Erano ancora in pigiama.
“Passato una buona nottata?” chiesi loro
in tono ironico mentre gli mettevo davanti un panino al burro di arachidi.
“Ho male agli occhi!” si lamentò Violet.
“Certo, certo...”
“È vero!”
Chris osservava la scena, incuriosita.
Quando le bambine ebbero finito di fare colazione ed andarono a lavarsi la
faccia, mi fermò.
“Quanta passiflora le hai messo ieri?”
“Cinquanta gocce. Perché?”
“Perché se assunta i dose massiccia la
passiflora può provocare dei disturbi alla vista per qualche ora. Insomma, ti
sei condannata da sola a rimanere in casa per una mattinata intera.”
“Oh...beh...capita.”
Dovevo stare calma
per non sbattermi la testa contro il muro per punizione. Ma che mi era saltato
in mente, il giorno prima? Volevo starmene tranquilla. Ecco tutto. E adesso ne
pagavo le conseguenze.
“Dai, passa abbastanza in fretta...”
tentò di rassicurarmi Chris. “Magari chiediamo ai nostri se oggi possiamo
rimanere con te...che te pare, Pearl?”
“Si, perché no!”
Chiamarono i loro genitori, che però
dissero loro che non potevano restare a pranzo. Normale. Con la reputazione che
avevo, era normale che allontanassero le loro figlie da me per quanto fosse
loro possibile.
Violet e Rose continuarono a lamentarsi
per tutta la mattinata di avere male agli occhi e capogiro. Per non averle
troppo tra i piedi, dissi loro che la medicina era andare a letto, al buio, e
rimanere con gli occhi chiusi per tre ore. Loro obbedirono, anche se Violet
continuò a fare la lamentosa tutto il tempo.
“Sapete, c'è un tipo che abita al numero 20” dissi alle mie amiche mentre stavamo fumando in cucina.
“Davvero?? E da quanto?”
“Da ieri. L'ho incontrato mentre tornavo
qui dopo la festa di Ticknor. È un ragazzo stranissimo, deve avere la nostra
età. I suoi verranno tra poco.”
“Vuoi dire che questo tipo è venuto ad
abitare nella sua nuova casa in piena notte? Non è un po' strano?” chiese
Chris.
“Si...non so.” Ora che ripensavo al mio
incontro della notte precedente con Nathaniel, tutto mi sembrava come un sogno
o una visione. Non ero più sicura se quello che stavo dicendo era vero o no.
“Lasciate perdere...”
Pearl e Chris se ne andarono, e io
rimasi sola con Violet e Rose. Le dissi che ora erano guarite, e infatti non
avevano più disturbi agli occhi, per fortuna. Passai il resto del pomeriggio a
giocare con loro, e solo dopo cena riuscii ad avere un momento per me, quando
misi 'Mamma mia' per l'ennesima volta. Già prima del film detestavo gli Abba,
ora che Violet e Rose lo adoravano e lo volevano guardare ogni tre giorni
quegli svedesi vestiti quasi come Lady Gaga erano per me insopportabili. Andai
in camera mia e in risposta agli Abba ascoltai un disco di Rob Zombie. Quando
ne ebbi abbastanza di starmene sdraiata a letto, mi alzai e andai a sedermi
alla scrivania. Che fare? Quella sera mi stavo annoiando da morire. Alla fine,
tanto per tenere almeno le mani occupate, presi dal doppiofondo segreto del
cassetto della scrivania (lo avevo costruito io stessa con le istruzioni che
avevo trovato su Internet) presi dunque l'occorrente per rollarmi una
sigaretta: tabacco, cartina e filtro. Lo utilizzavo solo nei casi in cui
proprio non sapevo che fare. Ci misi più o meno dieci minuti, non avevo molto
la mano per quel genere di cose. Quando l'accesi, aprii la finestra per far
uscire il fumo. La notte era calma. La luna illuminava Whisper street, spettrale
come al solito. D'un tratto, individuai un altro punto di luce. Oh! Nathaniel.
Stava nel suo giardino, in piedi, e guardava la strada, come se aspettasse
qualcuno. E io...sentii una strana sensazione. Era come se una forza misteriosa
volesse spingermi a raggiungerlo. E io mi lasciai trascinare da quella forza,
quasi senza accorgermene. Presi il giubbotto e me lo infilai uscendo di casa. Le
bambine erano così impegnate a vedere l'addio al celibato di Amanda Seyfried
che non si accorsero neanche che ero uscita.
Ciò che più mi sorprese appena mi trovai
fuori, fu il freddo. Era come la notte prima. Nathaniel era ancora lì,
immobile.
Uscii dal giardino e andai davanti a
casa sua. Non mi aveva vista, aveva il viso girato verso sinistra, come se
aspettasse qualcosa.
“Ciao” dissi.
Lui si voltò lentamente verso di me.
Appena mi vide, si riscosse.
“Buona sera” e si girò di nuovo verso
sinistra.
Rimasi lì impalata, ad osservarlo. Che
strano ragazzo. Che cosa aspettava, a quell'ora della notte? E poi... ora che stavo di nuovo vicino a lui c'era uno strano sentimento che si stava
facendo strada in me, come se dovessi scappare. Ma al tempo stesso un'altra
voce mi diceva di rimanere accanto a Nathaniel, di parlargli. E io ascoltai
quella voce.
“Cosa stai aspettando?” chiesi. Non mi
era venuto in mente nient'altro.
Nathaniel si rigirò verso di me.
“I miei genitori. Sarebbero dovuti
arrivare oggi. Eppure, non ci sono.”
“Saranno in ritardo. E poi, non puoi
chiamarli al telefono?”
Non appena udì le mie parole, la faccia
di Nathaniel si contrasse. Il suo incarnato, già molto pallido, diventò
verdastro e i suoi lineamenti diventarono una maschera di rabbia. Diventò
orribile, sembrava il diavolo in persona.
Ebbi paura, scappai. Ma
dopo qualche passo di corsa mi fermai e mi girai. Nathaniel non era più davanti
a casa sua.
Com'era venuta, la paura se ne andò.
Cosa era successo? Perché si era arrabbiato? Gli avevo solo dato un consiglio,
dopotutto. E ora dove diamine era sparito?
Entrai nel giardino incolto e comincia a
girare intorno alla casa. Il mio respiro si spandeva in piccole nuvole attorno
a me.
E poi, alla fine, lo trovai dietro alla
casa. Era di spalle, e guardava la luna, che aveva appena finito di nascondersi
da dietro una nuvola. I suoi raggi facevano risplendere i suoi capelli biondi.
Mi misi accanto a lui, e lo osservai.
Non era più come prima, con i lineamenti contratti dalla rabbia. Anch'io
guardai la luna.
“Scusami, per prima. Non volevo farti
arrabbiare.”
“Di cosa stai parlando?” chiese.
Sorpresa, mi voltai verso di lui
esterrefatta. Ripensai a prima. Ora, quel momento mi sembrava come un sogno, un
incubo, un attimo in cui avevo agito senza ragionare. Sospirai.
“Di niente.”
Rimanemmo lì, senza parlare.
“Tu cosa vedi nella luna?” mi chiese
d'un tratto.
“Come?”
Che strana domanda. La luna era la luna,
l'avevo sempre considerata come un ammasso di polvere. Anche da bambina, non
l'avevo mai veramente osservata. L'unica cosa per cui la apprezzavo era per la
luce che emanava e per il fatto che, così, dava al mondo il colore della mia
anima.
Alzai lo sguardo e la osservai
attentamente.
“Beh...” Mi concentrai. “Forse...una
faccia.”
Lui mi guardò sorridendo, con i suoi
azzurri che in quel momento risplendevano come metallo liquido.
“E come?”
“Beh...non so. Quei due grandi crateri
potrebbero essere due occhi, e poi quello più grande ancora in basso una bocca
aperta...diciamo che mi sembra una faccia tonda girata di tre quarti che è
sorpresa.”
Nathaniel continuò a sorridere. Poi si
voltò di nuovo verso il satellite.
“Io invece ci ho sempre visto un uomo e
una donna che si baciano. Non lo vedi?”
Me la indicò.
“Tra quelle due fessure scure...sembrano
due volti di profilo che s'incastrano perfettamente l'uno nell'altro.”
Osservai meglio l'astro. Cristo...aveva
ragione! Le due figure si delinearono ancora meglio nella mia mente, e mi
chiesi come avessi fatti a non notarle mai.
“È impudico, lo so, immaginare una cosa
del genere...ma non so. Ho sempre visto quello” continuò Nathaniel.
“Impudico?” aggrottai la fronte. “A me
non sembra che due persone che si baciano sia un pensiero così impudico.
Cioè...lo fanno tutti.”
Lui continuò a guardare la luna. Io,
intanto, avevo cominciato a osservare le nuvolette che mi uscivano dal naso,
come il fumo dalle narici di un drago. Il fumo...oddio, la mia sigaretta!
Guardai la mia mano destra. Si era spenta. Me ne ero completamente dimenticata.
Avevo visto Nathaniel, quella strana forza mi aveva trascinato fuori di casa
verso di lui...sicuramente si era spenta mentre uscivo. Beh, in ogni caso aveva
un altro accendino nella tasca del giubbotto. Riaccesi la sigaretta. Aspirai ed
inspirai il fumo, gustandomi il sapore del tabacco. Nathaniel si voltò verso di
me, mi lanciò un'occhiata stupita e si rigirò.
“Sei davvero strana, Lily Byrd” disse
con tono divertito. Ma c'era qualcosa, in quel tono, che mi fece venire la
pelle d'oca. Non sapevo perché, ma sentivo come se dovessi provare una
sensazione di pericolo. E invece non la provavo.
“Le poche volte in cui ti ho vista, eri
sempre vestita di scuro, parli come un ragazzo di strada, inoltre fumi come un
uomo ed hai un anello nella lingua. Davvero una strana ragazza.”
Si mise davanti a me e mi guardò negli
occhi. Sostenni il suo sguardo. Era come se sulla Terra fossimo rimasti solo io
e lui. Tutto era sparito intorno a noi, il giardino, la vecchia casa, la
strada, il villaggio, il mondo intero. Era come un gioco d'ipnosi, in cui l'uno
doveva ipnotizzare prima l'altro. Nonostante ci fosse come una scintilla diabolica
negli occhi di Nathaniel, io lo fissavo, e rimanevo impassibile a quello
sguardo che voleva divorarmi. E poi...d'un tratto...il ragazzo cominciò a
fissare il suolo, e tutto il mondo tornò intorno a noi. Mi scossi. Sembrava che
fossero passati solo pochi secondi.
Portai la sigaretta alle labbra. Quando
entrò nel mio campo visivo e me la portai alle labbra, restai però
sbalordita. Era completamente consumata.
“Credo che tornerò in casa” disse
Nathaniel. “I miei oggi non verranno.”
“Temo di no” gli risposi.
Lo riaccompagnai fino alla porta.
“Beh...buonanotte.”
Lui mi sorrise tristemente.
“Buonanotte.”
Entrai in casa. Mi accorsi che dalla TV
si sentiva una musica dell'inizio di Mamma Mia. Che le due pesti avessero
rimesso il film due volte di seguito?
Ma quando entrai nel salotto le trovai
tutte e due addormentate. Ma...guardai l'orologio. Oggesù! Era quasi l'una del
mattino! Eppure...ero uscita di casa che erano appena le dieci. Possibile che
fosse passato tutto quel tempo?
Quella sera, dopo aver messo Violet e
Rose a letto, rollandomi una seconda sigaretta, pensai che Einstein aveva
davvero ragione, quando parlava di relatività.
Ciao, non pensavo pubblicassi oggi la "puntata", è stata una bellissima sorpresa. Naturalmente anche questa volta mi ha affascinata , io penso che tu sei proprio brava, hai grande capacità narrativa e una fervida fantasia...mi piace leggere quello che scrivi. Alla prossima, un abbraccio.
RispondiEliminaAntonella
Ciao, si, l'ho pubblicato oggi, mi scuso per l'assenza di mercoledi' ma ho passato tutto Ferragosto e ieri fuori casa...Ma almeno così dovrai aspettare di meno per l'episodio 6!!!
EliminaGrazie ancora per i complimenti!!!